Come possono convivere un campione e il suo avatar? Dirà molti anni dopo l’allenatore dell’epoca, Giancarlo De Sisti. «Mazzarri è stato una mia vittima. Non ho mai avuto il coraggio di farlo giocare assieme ad Antognoni» . Si era fatto pure i capelli uguale a quell’altro. Li teneva lunghi, in perfetto Antognoni- style. Il problema, a quell’età, è che ti guardi allo specchio e vedi un altro. Lui vedeva Giancarlo Antognoni, il mito. Fiorentina, stagione 1980- 81. Walter Mazzarri c’è, ma non si vede. Zero presenze a vent’anni bruciano sulla pelle come un disinfettante su una ferita aperta. L’altra sera in tivù hanno fatto una battuta del tipo: non è mai stato un n.10 da calciatore, però lo è diventato da allenatore. Sono soddisfazioni, ma lui avrebbe preferito avere una carriera più prestigiosa, va da sè. Suo padre, quando da ragazzino faceva meglio degli altri brufolosi coetanei, gliel’aveva detto: «Sei bravo, se continui così va a finire che quelli del Livorno ti prendono». L’orizzonte, per uno di San Vincenzo, è quello. Gode molto quando con la nazionale militare si laurea campione del mondo nel 1987. La chiamano la nazionale delle stellette. Ci sono anche Gianluca Vialli e Ciro Ferrara. Il godimento è dopo la vittoria in campo. Si va tutti a Capri, in un albergo, a festeggiare come possono festeggiare ragazzi di quell’età lì. Bevendo succo d’arancia con la cannuccia, esatto. Era una mezzala, un interno ( destro) di sostanza e qualità. La carriera? Meno di quanto ci si aspettava un po’ tutti. Il periodo più bello (da calciatore) l’ha vissuto a Empoli, a metà degli Ottanta. C’era gente che oggi non se la ricorda più nessuno: Calonaci, Della Monica, Della Scala, Vertova, Urbano. L’allenatore era Salvemini, quello con il naso enorme. E’ stato in quel periodo che hanno cominciato a chiamarlo Banana. E non per il ciuffo.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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