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De Sanctis, tutto cominciò da Pescara e quel progetto San Paolo diventato realtà

Il portiere abruzzese sarà emozionato nell'affrontare la squadra dei suoi esordi da professionista

Do you remember? Quelli eran gli anni dei sogni con gli occhi spalancati, pomeriggi interi in un viaggio con destinazioni conosciute: Gradiagrele-Pescara, quante volte, Morgan? E ora che il calcio è divenuta una cosa terribilmente seria e profuma di Champions, c’è un momento per appisolarsi e divagare, ripensando a se stesso, a ciò ch’è stato, a com’è stato. Si gioca, eh sì, e bisognerà farlo pure con i sentimenti e con i ricordi, con le sensazioni di quella splendida età della giovinezza ormai perduta: e sarà tenero ritrovarsi accucciato in macchina con lo zio, mentre il fanciullo osservava il mondo all’esterno che gli girava intorno. 

BABY BOOM – Trentasei adesso: però a quel tempo il fanciullo che stringeva nelle mani sicure la favola disegnatasi da sé non avrebbe mai immaginato come sarebbe andata a finire, che ci sarebbero stata la Juventus e l’Udinese, il Siviglia e il Galatasaray, la Nazionale, un Mondiale, un secondo posto all’Europeo e (soprattutto) il Napoli, accarezzato da lontano, avvertendo ancora l’eco di Diego Armando Maradona e portandosi appresso una promessa che sapeva d’aspirazione: “Un giorno voglio giocare al san Paolo”. Fatto e poi rifatto, in quattro anni che diventeranno sei: ma sabato sera, signore & signori, sarà tutta un’altra vita, perché là dentro, all’Adriatico, ci sarà Morgan De Sanctis dalla prima volta in B alla Champions, ma passando per l’universo calcio, ritroverà la sua carriera, le sue aspirazioni, il bambino-prodigio che era in lui. 
RIGORISSIMO – Tutto cominciò per caso (diciamo così), per l’infortunio del titolare e del suo dodicesimo e per la propensione di Giorgio Rumignani a puntare forte su quel fusto che in Primavera prometteva bene: la prima a Piacenza, a partita in corso, ma per il debutto dall’inizio, a Francavilla al Mare, c’è poi la prova della verità. Calcio di rigore: di qua Morgan De Sanctis, di là,
Ha detto addio alla Nazionale per dedicare i prossimi due anni al Napoli: suo grande amore sul dischetto, un «killer» che annuncia sfracelli, si chiama Bobo Vieri, è ancora lontano dalle luci della ribalta, ma ha un fisico bestiale e fa paura quando calcia. De Sanctis lo stordisce con l’effetto speciale di un predestinato.
VENT’ANNI – Correva l’anno 1994 e dunque ne è scivolata via di acqua nelle aree di rigore, quelle d’un Vecchio Continente vissuto a petto in fuori, con l’esuberanza di chi chiede a se stesso sempre qualcosa in più e fa di tutto per ottenerlo attraverso il sacrificio e la volontà: in pratica, è come se non fosse cambiato nulla, perché nel “maniaco” De Sanctis di oggi c’è il giovanotto che ieri si carica di responsabilità da solo, squarciava il proprio orizzonte e decideva dove volare. Alla Juventus, per cominciare: l’affare di quei meravigliosi (fine) anni novanta; poi all’Udinese e un settennato in cui rientrano “appena” centonovantaquattro partite; e la Spagna di Siviglia, ahilui, sospesa tra i cattivi pensieri che si attorcigliano restano ad osservare il Guadalquivir, mentre nel ristorante Vesuvio c’è una “gouache” che l’incanta e lo riconduce da dove è partito: “Prima o poi andrò lì a giocare”. E’ un tormento che diviene estasi, non prima d’essersi calcisticamente tuffato nel Bosforo: ma è Napoli che lui insegue, come in un lungometraggio, e che afferra in plastica uscita, nell’estate del 2009, e poi tiene saldamente, incurante dei primi complessi mesi: sabato sera c’è una partita in cui De Sanctis può rivedersi completamente, rimettendosi a nudo, dal primo giorno in cui cominciò a saltare da un palo all’altro sino ai prossimi due anni: “Perché io voglio smettere qui”. La vita ricomincia a quarant’anni: c’è tempo per i titoli di coda. 
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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