Ma come ha fatto? Eh già: non lo sa Mazzarri, che s’è messo le mani nei capelli, per una istantanea nella quale c’è un filino di disperazione; e non lo sa neanche Campagnaro, che arrivando in diagonale, ha visto passare quella palla affilata come una lama calciata da Gomez e l’ha immaginata nell’angolo lontano. Però lo sa bene Morgan De Sanctis, 35 anni e una eterna giovinezza che non è sottolineata soltanto dal Napoli ma pure da Prandelli, dal quale riceve sempre incarichi. Sì che lo sa bene De Sanctis come si costruisce un capolavoro, standosene inoperoso per novanta minuti: e non ditegli che è esperienza, perché sarebbe come fargli un gran bel torto.
MIRACOLO – Si grida al «miracolo» in panchina, mentre ci si lascia andare con le spalle appoggiate alle poltroncine e si benedice quella mano che arriva nell’angolino più distante, l’incavo della malinconia: era lì che Gomez aveva mirato e poi puntato, arrivando da destra, cosa inusuale per lui. Una finta a Cannavaro, il pallone che scivola come lo vuole qualsiasi attaccante davanti al corpo, che consente di piegarsi, di trovare la coordinazione giusta, di impattare con il collo pieno: novanta su cento quello è gol; però il dieci per cento è per chi tra i pali ci sta sempre sveglio e poi decide di regalarsi la parata della domenica, quella che vale un pareggio. De Sanctis s’allunga, sfrutta il metro e novanta, allarga il palmo della mano e pianta un ceffone a quella traiettoria: via, è fatta.
LO SHOW – Gli attaccanti vengono celebrati quando segnano e i portieri, nella solitudine dei numeri uno, assai più raramente: perché una parata viene subito derubricata in occasione della squadra avversaria, una opzione, una possibilità. Eppure quello, al quarantunesimo minuto, dunque a sei (compreso il recupero) dalla fine, è un prodigio che vale un gol in meno per il Catania e un punto in più per il Napoli; è un bel segnale a se stesso – semmai ce ne fosse bisogno – ma anche ai compagni, già provati durante quella frazione di secondo: c’è De Sanctis e qualcosa può sempre succedere. Può ad esempio accadere che l’1-0 annusato dal Catania venga ridotto a carta straccia, una pallina da buttare nel cestino, pardon in angolo, e serva per ripartire.
LA TERZA VIA – D’altro canto, è andata bene, almeno ai portieri, per la terza volta: la prima, sempre in Sicilia, ancora a De Sanctis, che restò imbattuto; la seconda, invece, a Rosati, giovedì scorso in Europa League: zero gol subiti. Però stavolta, giova ricordarlo, è diverso: intanto c’è il gesto tecnico d’un uomo che sa come sbrigarsela nella tormenta della zona Cesarini, quando praticamente rischia di capitare l’irreparabile; e poi c’è un punto che non sfila via dai guantoni e che finisce per limitare persino l’amarezza, lasciandola incanalare nell’ovvietà d’un «mica si può vincere sempre».
CONTRATTO – Morgan De Sanctis dimostra di essere un ragazzino dentro e fuori, di avere la prontezza necessaria in qualsiasi frangente della gara e pure in una di quelle partite nelle quali la peggiore cosa che ti sia capitata sia stato un retropassaggio: quello non è un luogo comune, è una verità rivelata in caso di esito sciagurato d’una partita. Il rinnovo del contratto sembra sia ormai imminente, un dettaglio tra le parti che si vedranno quando riterranno opportuno mettere l’autografo. Ieri, serviva la firma in calce a Catania-Napoli. Apposta con la mano destra.
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro