Da titolarissimi a confermatissimi: c’era una volta il Napoli di Mazzarri e c’è adesso quello di Benitez, l’emanazione diretta d’una generazione di fenomeni capaci di afferrare il possibile e di sfiorare (persino) l’impossibile, la prova-provata che i progetti esistono e poi si vedono, con il conforto del campo, ovviamente quello dei risultati e infine la ricerca della longevità. Si (ri)parte e ci sarà il passato che tornerà per (ri)prendersi la scena, per (ri)confermarsi, per sottolineare la bontà di un’idea di calcio che avanti ormai da un decennio e che ha tracciato un solco praticamente inedito.
IL NUMERO UNO – O, se preferite, the number one: cioé Morgan De Sanctis, 36 anni ma non sentirli addosso (« voglio arrivare a quaranta »), professionista dentro, ormai un’istituzione per il quale s’è “scomodato” De Laurentiis da Los Angeles per cinguettare all’universo intero che i pali resteranno del legittimo proprietario: « De Sanctis è il nostro portiere e piace molto anche a Benitez ». Stop and go: per cercare eventualmente un secondo, lasciando che Rosati trovi gloria altrove; e poi senza aver la necessità di cercarsi un terzo, perché Colombo è già d’azzurro vestito: però la porta la chiude Morgan.
IL CAPITANO – Era un bambino che sognava a occhi spalancati, inseguendo gli aquiloni, pardon la maglia azzurra: Paolo Cannavaro è la bandiera, il leader silenzioso che sa quando bisogna intervenire e come farlo: a destra, nel codice-Benitez, ci andrà Maggio; a sinistra resterà Zuniga, trasformato in incedibile da De Laurentiis pur in presenza d’un contratto che tra dodici mesi finirà per scadere. La linea difensiva (a quattro) è più o meno scarabocchiata, poi ci saranno gli innesti e i ragionamenti dettati dal mercato su Gamberini, su Britos, su Fernandez che sta rientrando dal Getafe e potrebbe restare in Spagna o trovare estimatori in Italia, in Germania, in Inghilterra.
SI RIPARTE DA TRE – La vita da mediano di Behrami, Dzemaili e Inler ha appagato Napoli e va benissimo pure a Rafa Benitez, che non ha mosso
alcuna obiezione: alla fine potrebbe bastargliene un altro (giocando con due interditori, serve la «coppia» per avere alternanza) e comunque gli svizzeri garantiscono carattere, palleggio e pure dinamismo a sufficienza. Ma nel’elenco di quelli che resteranno, si può avere (quasi) certezza che il terzetto avrà il proprio ruolo inattaccabile: profilo calcistico alto, che si combina a meraviglia con la disponibilità al lavoro e al sacrificio. Ma tra chi ha sicurezze c’è anche Armero, che ha elasticità di gamba e di interpretazione, che può fare il quarto basso difensivo o anche starsene un po’ più avanti, tra gli incursori (che però garantiscono anche le coperture).
TRA LE LINEE – La zona rossa altrui, il pericolo da far avvertire attraverso la manovra offensiva, prima avvolgente e poi letalmente mirata al cuore della retroguardia avversaria: Hamsik è il panorama mozzafiato da cogliere attraverso quel talento che Marekiaro ha nel codice genetico e chi meglio di Benitez – che ha avuto con sé Gerrard e Lampard – può aiutare a svelare l’arcano, se dunque lo slovacco sia un po’ l’uno e un po’ l’altro o magari tutti e due sintetizzati in quel geniaccio che da sei anni va in doppia cifra? L’indiscutibile Insigne ha l’occasione per misurarsi con un altro allenatore: con Zeman ha fatto sfracelli tra Prima Divisione e Serie B, è divenuto la stellina dell’Under 21 e ha posto le condizioni per guadagnarsi la convocazione in Nazionale; con Mazzarri s’è inserito gradualmente in A: adesso arriva la Champions e un tecnico che può ultimarne il processo di maturazione. A Pandev non c’è bisogno di raccontare i segreti del modulo: i sei mesi con l’Inter sono stati sufficienti per capirsi con uno sguardo. Ps: Cavani rientra tra i totem, anzi rientrebbe, non ci fosse la clausola. E allora merita un capitolo ch’equivale a un interrogativo. Benitez spera…
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