Cercasi sicurezza in porta, ma non più disperatamente. E sì, perché anche quella è stata presto ritrovata assieme a parecchie altre. Unitamente a quella di un attacco che riesce ad offrire (sempre più) svariate soluzioni realizzative, a quella di un centrocampo che ha trovato equilibri quasi perfetti. Alle garanzie di quelle fasce dove si è tornati a far gioco a velocità supersonica e, dulcis in fundo, a quelle di una difesa, semplicemente seconda del campionato. Tra le riscoperte più attese e sollecitate, ma finalmente arrivate quando il gioco per la Champions s’è dovuto per forza di cose indurirsi, c’è quella di un numero uno che ha dato tantissimo nei tre anni, dieci mesi e due giorni di azzurro, che ha accompagnato il Napoli nelle meravigliose galoppate di Champions e Coppa Italia (vinta). Nonché nella (preponderante) buona e cattiva sorte.
SEMPRE PRESENTE – Lui, Morgan De Sanctis, il Pirata Barbarossa, c’è stato sempre e con tutto se stesso, dispensando consigli, sciogliendo pillole di saggezza, ma soprattutto infondendo sicurezza. Non solo al reparto di competenza, ma all’intero organico. Poiché anche la presenza nello spogliatoio (oltre che in campo) del filosofo di Guardiagrele, è risultata fondamentale e determinante. E se ci sono stati momenti di impasse, piccoli scampoli di appannamento, peraltro del tutto fisiologici, Morgan è riuscito sempre a fare due passi avanti dopo quello indietro. A respingere con pugni saldi, non solo palle “velenose” in campo, ma anche critiche ingiustificate o eccessive, interpretazioni del suo modo di essere e di reagire, partite talvolta da menti visionarie o contorte.
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