Altro che cin cin: perché in quel calice pronto per l’uso, non restano neanche le bollicine. 100 partite e non sentirle addosso: con i guanti consumati dai granelli di sabbia e la necessità di uscire a valanga per parare il collettivo.
De Sanctis, cosa succede?
«Nulla di quello che si possa sospettare. Abbiamo perso una partita, concedeteci almeno l’alibi di essere stati battuti in inferiorità numerica per un intero tempo».
Può essere un campanello d’allarme, questa sconfitta?
«Non vedo elementi per preoccuparsi. Assolutamente. E’ chiaro che vorremmo vincerle tutte, ma sappiamo che ci sono avversari di qualità in questo torneo. E dover disputare quarantacinque minuti con un uomo in meno costa fatica e concede sicuramente un vantaggio agli avversari».
L’impressione è che questa squadra fatichi a fare il definito salto di qualità.
«La penso in maniera diversa, perché stavolta abbiamo dovuto fronteggiare un’emergenza netta in mezzo al campo e rivedere i piani. Eppure, nel finale, siamo andati avanti, abbiamo sfiorato il pareggio una gara che volevamo vincere, ma che alla fine non è stato possibile».
Catania come Verona con il Chievo….
«Il risultato è uguale, ma la prestazione nettamente differente. Contro il Chievo siamo venuti meno, tutti, sul piano della prestazione. Qui no, qui non possiamo rimproverarci nulla, perché pure in dieci contro undici abbiamo fatto bene. Se devo trovare un neo, penso che, forse, la fase finale del primo tempo l’abbiamo gestita male. Ma ci sta nel corso di una stagione di toppare per venti minuti».
Grandi con le grandi…
«E’ giusto che uno si interroghi su queste situazioni, ma per me sono delle semplici casualità, il campionato è lungo, gli episodi tanti. Perché noi a Catania avevamo cominciato benissimo, eravamo andati in vantaggio, abbiamo avuto l’opportunità di chiudere, pure dopo il loro pareggio ci sono capitate un paio di occasioni. Dovevamo perdere, tutto qua».
La Champions alle porte è l’ennesima coincidenza?
«Lo è senz’altro, perché la statura per giocare a certi livelli non ci manca. E’ anche vero che il Milan è abituato e sa meglio come si possa fronteggiare questo genere di stress. Ma noi non siamo nati ieri e pure l’anno scorso eravamo in campo ogni tre giorni: aspettiamo prima di emettere giudizi».
C’è comunque un clima diverso, quando si avvicina la Champions.
«Noi riusciamo a scindere le partite, forse all’esterno è così, perché i nostri tifosi trasmettono euforia. A questo punto, speriamo di accontentarli. Noi andiamo lì per vendere cara la pelle. E dimenticare questa sconfitta».
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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