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De Sanctis: “Che peccato”

Pandev: "Abbiamo compromesso tutto nel match d'andata"

Brr: ciò che resta dell’Europa, è una scorpacciata di gol che fioccano tra l’andata e il «Doosan Arena» e tra le mani raggelate di Morgan De Sanctis, abbondano i granelli di rabbia – ma sì, la rabbia – per una qualificazione annunciata e però indigesta. «Dovevamo far gol subito per mettere pressione ai cechi, ma non ci siamo riusciti». E’ però riuscita una mezza impresa: tre reti (in casa) all’andata e due al ritorno, un palo che «addolcisce» il tabellino di giornata e una sconfitta che induce ad allarmarsi, che spinge nel confessionale per cercare (almeno) un perché: «Ci abbiamo provato nel primo tempo, poi nella ripresa l’atteggiamento iper offensivo ha consentito al Viktoria di punirci in contropiede. Volevamo una prestazione importante, ma non ce l’abbiamo fatta». 

AL PEGGIO – C’è fine, almeno aritmeticamente: 0-3 all’andata, 0-2 al ritorno, e ora il campionato, l’ultimo traguardo, l’ultima frontiera per vivere una dimensione ormai familiare, per tornare ad essere il Napoli. Si gioca e, dunque, si cambia, si parte dalla difesa, riveduta e corretta completamente: nel modulo per cominciare, perché si torna a tre; negli uomini per continuare, perché l’ostruzione alla fase offensiva altrui, soprattutto a Di Natale, sarà costruita intorno al terzetto Campagnaro-Cannavaro-Britos, ormai investito del ruolo di titolarissimi del settore, davanti a De Sanctis che ancora non riesce a farsene una ragione. «Incredibile come abbiamo perso all’andata e lì è maturata l’eliminazione». 

REAGIRE – Si torna al passato, 3-4-1-2, ma si torna in campionato, il nuovo appuntamento che Goran Pandev fissa, dopo le pubbliche scuse chieste ai quattrocento tifosi fiduciosi prima e poi delusi alla fine d’un match senza storia: «Abbiamo compromesso tutto all’andata. Stavolta serviva un’impresa, ma loro ovviamente si sono chiusi e noi abbiamo trovato difficoltà anche ambientali. Però adesso si va a Udine e a questo punto diventa importante far bene subito». E quindi, riecco il napoli nella sua versione compatibile a se stesso, attraverso il metodo-Mazzarri, con Maggio a destra e Zuniga (o Armero) a sinistra; con in mezzo Behrami e Inler. Poi ci sono i tre tenori e stavolta dovrebbero mutare: l’uomo-chiave diviene Hamsik, sollevato dall’influenza da una trasferta snervante come quella in Repubblica Ceca, ricostruito nel morale in famiglia dopo la disavventura della rapina, determinato a metterci una pietra sopra nell’unico modo riconosciuto da un calciatore: esibire tutto se stesso, prendersi la scena, spostare l’attenzione principalmente sulle proprie doti. E’ Hamsik che diviene il grimaldello (pure) psicologico d’un sfida complicata da interpretare, contro un’avversaria che sa sistemarsi a specchio, che ha organizzazione e calciatori di corsa e di piede: è lui che può indirizzare il match, andando a cercarsi con il radar le zone in cui giocare, per inserirsi a sorpresa, per ricamare a vantaggio altrui o per la propria classifica cannonieri. 

TANDEM – Il resto sembra scritto sull’erba del Friuli: Cavani, non si scappa, l’uomo della doppietta di un anno fa (ma guarda un po’, proprio dopo la «insopportabile» delusione sofferta in Champions League, in casa del Chelsea; e persino dopo aver sciupato un calcio di rigore). E’ Cavani che lì davanti ha la maglia sicura già sistemata sulla panca, mentre Insigne conta di trovarla, ben sapendo di doversela «giocare» con Pandev scalzato nelle gerarchie, nelle quali quel monello si lascia preferire. Meno due: ormai ci siamo. Brr… 
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