Di match con la Juve ne ha vissuti tanti in maglia azzurra. Quelli dei tempi d’oro della squadra. Quelli che valevano titoli ed onori. Quelli dall’Ottantasei al Novantadue. Nando De Napoli: due scudetti, una coppa Italia e una Supercoppa prima d’andare a vincere poi pure con il Milan. Sei fantastiche stagioni e tanti ricordi messi già in cornice.
Uno su tutti, signor Nando?
«Certo che sì. Marzo dell’87. C’era in gioco lo scudetto. Si giocava a Fuorigrotta. Vincemmo per 2-1 e il primo gol lo feci proprio io. Non ne ho fatti molti di gol e quindi quei pochi che ho segnato me li ricordo tutti. Vuole che glielo racconti, questo?».
Prego, dica pure.
«Ci fu un pallonetto di Maradona dalla destra. Torre di Giordano sul secondo palo e palla a mezzo metro dalla riga. Dove c’ero io, ovviamente. D’accordo, fu un gol facile facile, ma molto importante per il Napoli e indimenticabile per me».
Venticinque anni dopo, Napoli e Juve in cima alla classifica. Che partita sarà quella del venti?
“Beh, definirlo un match-scudetto forse è esagerato. E’ troppo presto per essere una gara decisiva. Per questo se ne riparlerà al ritorno, spero. Però lo stesso avrà la sua importanza. Si gioca per la prima fuga di stagione: chi vince, infatti, prende il largo, s’assicura un poco di vantaggio. Per questo chi insegue il Napoli e la Juve spera in un pareggio».
Ma come se l’aspetta questa gara?
«Tattica. Molto tattica. Sia Conte che Mazzarri, infatti, tengono molto alle geometrie e alla disciplina in campo. Ma tutte e due le squadre hanno anche calciatori in grado d’inventare una giocata e un gol».
E quindi?
«Di una sola cosa sono certo: non è una partita che può finire zero a zero».
Insomma, ci saranno un vincitore e un vinto.
«Non ho detto questo. Ho soltanto detto che a mio avviso in questa partita di gol se ne segneranno di sicuro».
Ci stiamo infilando in un discorso complicato. Caro De Napoli può essere più chiaro?
«Vuole che le dia il risultato esatto? Bene, anche se non lo faccio mai, stavolta mi sbilancio: Juve-Napoli la vedo una partita da due a due».
Partita di gol e d’emozioni, insomma.
«Sì, com’è giusto che sia una gara tra due belle squadre. Una partita, per giunta, assai sentita dalle due tifoserie. La voglia di battere la Juve è rimasta intatta nei napoletani. E in quanto al tifo bianconero, beh, penso che questo Napoli lo tema così come temeva quello nel quale ho giocato io».
Dunque, Juve e Napoli alla pari anche nel risultato. Eppure c’è chi continua a dire che, rispetto ai bianconeri, gli azzurri sono un passo indietro.
«Perché giocano in trasferta? Io non ci credo. Tra la Juve e il Napoli c’è una sola differenza: secondo me, il peso, la qualità complessiva della rosa bianconera è superiore a quella azzurra. Ma questo ha un peso molto relativo in una gara sola. Può contare, invece, sul percorso lungo».
Vuol dire che, fosse una corsa a due per lo scudetto, la Juve sarebbe favorita?
«Teoricamente il ragionamento è proprio questo. Ma poi, si sa, nel calcio sono le variabili indipendenti quelle che alla fine fanno la differenza. Voglio dire: un pallone che finisce sul palo poi può andare dentro o fuori. E tra le due cose c’è una bella differenza, no?».
Ma questo Napoli le piace?
«Mi piace? Sono affascinato da ciò che il club e l’allenatore sono riusciti a fare in pochi anni. Senza spese folli, badando ai conti e lavorando in maniera straordinaria in campo e fuori, il Napoli ha raggiunto risultati che forse neppure il tifoso più ottimista avrebbe immaginato in così poco tempo. Oggi il Napoli può essere un esempio per parecchi».
Torniamo alla partita. Chi saranno, chi potrebbero essere, gli uomini decisivi di quel due a due che lei ha pronosticato?
«Uno della Juve e uno del Napoli? Beh, tra gli azzurri dire Cavani sarebbe troppo facile e scontato. Quindi cambio nome. Dico Hamsik. In questo momento non c’è in squadra uno più in forma e anche più ispirato di questo ragazzo che fa cose speciali con una naturalezza disarmante. Raramente ho visto un centrocampista così bravo nel cercare e trovare tempi e spazi per il gol. Vederlo giocare ti rimette in pace con il calcio».
E tra i bianconeri?
«Sarò pure monotono, ma scelgo un altro mediano. Apprezzo molto Marchisio. Ha quantità e qualità. Sa difendere, attaccare e fare gol. Averlo è una fortuna per Conte e anche per Prandelli. Giudico Marchisio uno dei centrocampisti più forti d’Europa».
Parliamo di Mazzarri. C’è qualcosa che l’avvicina a Ottavio Bianchi, che ne fa il suo erede naturale?
«Pure lui ha una personalità spiccata e lavora molto e bene in settimana. Che cosa lo avvicina a Bianchi? Probabilmente l’intelligenza di aver capito la città. Così come faceva Bianchi con noi, mi sembra di capire che anche Mazzarri tenga molto ai comportamenti e alle abitudini dei giocatori anche quando non sono in campo. E quando dico abitudini, intendo dire soprattutto rispetto degli orari, attenzione all’alimentazione e anche alle frequentazioni. Oggi come ieri, infatti, la vita di un calciatore, soprattutto se da copertina, è sempre piena di pericoli e di insidie. Pericoli ed insidie che nelle città del calcio, e Napoli è tra queste, sono assai frequenti».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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