Gli affondi del presidente Aurelio de Laurentiis sulle lentezze della politica che quando si muove – poco – dice quasi sempre no, e la vecchia idea del patron di portare, se necessario, gli azzurri fuori città, ovvero costruire stadio nuovo e annessa cittadella al di là dei confini del capoluogo, scuotono fino a un certo punto Palazzo San Giacomo. Da quelle parti sostengono che il dialogo con De Laurentiis è continuo e costante, rilanciano l’ottimismo sul finale della vicenda, un accordo purchessia, però non nascondono le problematiche. Trapela dal secondo piano di Palazzo San Giacomo questo ragionamento: «Afragola? Caserta? Noi consideriamo impraticabile tutte le piste che portano il Napoli a giocare lontano da Napoli, per il resto c’è un tema che è quello del contenzioso. Il presidente ha anticipato dei soldi per dei lavori al San Paolo che vanno stornati, ma c’è tanto altro ancora da sanare sulla questione dei canoni di locazione dello stadio di Fuorigrotta». La – è il caso di dire – partita del dare e dell’avere che se non si chiude «non ci mette nelle condizioni giuridiche e nemmeno politiche di agire ovvero cominciare a immaginare una nuova convenzione».
Da ambo i lati le parole sono morbide e non urlate, ma chiare, chiarissime, tre anni di trattative non hanno ancora prodotto un straccio di accordo. In Comune prima di parlare di convenzione e di progetti per lo stadio vogliono chiudere lo schema finanziario. Per due motivi: a prescindere dallo stato di dissesto o meno esistono delle regole ordinarie inviolabili della buona amministrazione, un bene che si dà in concessione va ristorato. Per non sottrarre alla comunità a gratis un asset e in secondo luogo ci sono questioni giuridiche. Un’amministrazione pubblica non può fare patti con un inquilino moroso. Anzi sarebbe costretta a fare immediatamente una ingiunzione di pagamento. Inoltre è reato, interverrebbe la Corte dei conti che sulla vetusta struttura di Fuorigrotta ha ben accesi i suoi fari da anni. Il problema è serio in assoluto, la convenzione scade a giugno, se per quell’epoca non si trova un’intesa, gli azzurri non avranno uno stadio dove giocare le loro partite casalinghe. In Comune fanno gli scongiuri, nessuno vuole arrivare a questo punto, però sottolineano la criticità del momento e rilanciano su di un tema: senza la chiusura del contenzioso non si potrà mai parlare di un nuovo stadio, fosse questo anche il San Paolo.
Fonte: Il Mattino.
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