Gli occhi del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, sono gonfi di gioia dopo giorni passati a studiare gli atti processuali e a trovare le parole giuste per scalfire le certezze della giustizia sportiva: «È la vittoria non del calcio Napoli ma dello sport italiano: ma io, sia ben chiaro, questi due punti non ho mai pensato di poterli perdere».
Sono da poco passate le 21 e il patron è ancora negli studi romani della Filmauro con la voglia di far festa, accogliendo raggiante i cronisti. «Sono soddisfatto, perché non era poi così scontato il nostro successo: ci hanno condannato da innocenti in primo grado e questa decisione mi ha ferito. Non mi sarei fermato davanti a nulla se i giudici non avessero prosciolto il club e i miei due giocatori da quelle infamanti accuse. La Corte Federale ha dato una dimostrazione della maturità raggiunta dalla giustizia sportiva».
È una giornata lunghissima, iniziata al mattino davanti ai giudici che dovevano decidere il futuro del club: arriva in silenzio all’hotel Nh Vittorio Veneto, scansando garbatamente microfoni e qualche tifoso, per poi rimanere un’ora ad ascoltare le arringhe degli altri prima di intervenire deciso. «Siamo lontano anni luci da logiche di accordi sotto banco. Non accetteremmo mai soluzioni salomoniche o sconti. Noi siamo qui per essere assolti perché le accuse contro di noi sono infamanti». Parla per dieci minuti, legge due pagine e mezzo scritte di suo pugno e preparate la sera prima.
L’uomo che ha riportato il Napoli tra le grandi d’Italia si ritrova alle prese con un avversario inaspettato: la durissima condanna in primo grado. Un fatto insopportabile per il presidente azzurro. De Laurentiis racconta, spiega e motiva le sue ragioni. Usa parole accorate e replica ai punti più scomodi. «Nessun asterisco può essere accostato alla classifica. Nessun handicap affiancato alla cavalcata dei miei giocatori. I campionati si giocano in campo e non fuori. La mia società ha sempre urlato il suo no al compromesso con zone d’ombra da quando ho raccolto il club. Chiediamo obiettività e serietà di giudizio per essere assolti».
Poche ore dopo, la rabbia e la tensione del mattino si sciolgono: «È giusto così, chi doveva prendere le decisione ha letto le carte, non si è limitato ad applicare rigidamente delle norme non sempre adeguate. Questa è una sentenza equa e giusta. Ma non bisogna cancellare la responsabilità oggettiva ma adeguarla ai tempi moderni: attualmente è un sistema vecchio di 20 anni e i club non sono più quelli di allora perché adesso sono delle società per azioni con finalità lucrative e un fair play finanziario che è la nuova linea guida». De Laurentiis è sceso in campo in prima persona. Ha scritto e consigliato gran parte del ricorso, ha scelto un nuovo avvocato Virgilio D’Antonio, docente di diritto privato a Fisciano, da affiancare a Mattia Grassani nel collegio difensivo. Ed è proprio D’Antonio ad aver scritto la parte innovativa del ricorso, quella in cui si ribadisce l’illecito che non viene mani neppure progettato. Al limite, appena pensato. Dunque non perseguibile in nessuna sede. Insomma, più o meno quello che dice Chiacchio nella difesa a oltranza di Gianello.
De Laurentiis non nasconde la sua principale preoccupazione. «Le scommesse sono un cancro per il calcio: a Singapore c’è un giro d’affari di oltre 200 miliardi di euro all’anno e nel mondo la consapevolezza di pene non adeguate alla gravità della situazione. Chi scommette, anche illegalmente, sa di poterla fare franca. I paesi europei ora devono creare un pool tra governi per combattere le scommesse. E Platini e l’Uefa devono muoversi».
I due punti che riportano gli azzurri al secondo posto hanno anche una valenza sulle manovre di mercato: «Ritrovare Cannavaro e Grava è una liberazione: non mi piace prendere giocatori a gennaio, con la fretta non si fanno mai buoni affari. Si rischia di prendere giocatori che poi non si integrano facilmente. Con Calaiò e Armero è stato diverso: abbiamo preso due giocatori su cui crediamo fermamente. Questo però non significa che siamo fermi: anzi, abbiamo individuato fin da adesso i colpi da fare a giugno. Almeno sette».
Inevitabile il riferimento al Matador e alle ultime voci che arrivano da Londra, sponda l’Arsenal: «Per Cavani mi hanno già offerto 55 milioni di euro, e ho detto di no. Mi serve lui, non i soldi. Confido nella sua professionalità ma non ho dubbi: non ha battuto ciglio, neppure dopo la penalizzione. Lui sa che da noi è ”the number one of the city”. In altri posti non so se è così».
Il Napoli ripiomba a tre punti dalla Juventus, al fianco della Lazio, la corsa scudetto che si riapre e il presidente De Laurentiis che, in una serata del genere, non riesce proprio a nascondersi: «A Firenze è una partita importante, ma dobbiamo aspettare il mese di marzo prima di poter dire se siamo una squadra che può lottare fino alla fine per il primo posto. Però intanto ci siamo, siamo lì. E in più sono contento che già contro la Fiorentina potrò rivedere riaggregati al gruppo Cannavaro e Grava e sono sicuro che anche Mazzarri lo è».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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