Un film per la Cina. E’ tra i progetti immediati di Aurelio De Laurentiis, il quale guarda con sempre maggiore attenzione oltre la Grande Muraglia. Non solo con il calcio e il suo Napoli, ma anche come produttore cinematografico con la Filmauro. La Supercoppa italiana a Pechino – che si disputa sabato 11 agosto allo stadio Niaochao – ha suscitato in De Laurentiis la volontà di promuovere un torneo calcistico internazionale, di prestigiose dimensioni, a cadenza annuale in Cina. Ma ha intanto già avviato come imprenditore cinematografico una iniziativa che anticipa in una intervista esclusiva ad AgiChina24: “Dopo l’estate arriverà da me un team di professionisti cinesi, che lavoreranno a Roma alla realizzazione di un film scritto e pensato per il mercato della Cina, al quale è specificamente destinato”, spiega De Laurentiis, il quale è andato nell’aprile scorso al Festival Internazionale del Cinema di Pechino per aggiornare le idee sulle potenzialità e gli ultimi gusti di quel pubblico e per stringere i contatti necessari.
Né l’interesse né la passione di De Laurentiis per l’Oriente sono però storia di ieri. Il produttore avverte da una vita il fascino della civiltà Han, che è presumibilmente germogliato anche da una vicenda poco conosciuta della sua famiglia: “Mio nonno materno, che non ho avuto la fortuna di conoscere perché morì prima della Seconda Guerra Mondiale – racconta De Laurentiis ad AgiChina24 – visse e lavorò molti anni in Cina, dove faceva il cuoco. Tuttora, quando vado a trovare mia mamma, osservo il quadro di nonno Enrico con le medaglie conquistate in quel Paese e le bandiere dell’epoca di Italia e Cina”.
L’incuriosito rapimento che quell’immagine gli suscitava da ragazzo – e gli suscita tuttora – ha spinto De Laurentiis ad assorbire le suggestioni del cinema cinese e a fargli sognare, da diversi anni, la produzione di una grande pellicola per raccontare l’incontro fra i due massimi Imperi della storia: l’antica Roma e la Corte del Drago. “Ma esaminando le diverse proposte arrivate sul mio tavolo, ho constatato – osserva De Laurentiis – quanto sia difficile dosare la miscela giusta per rendere in un film la sintesi compiuta tra il senso dell’azione sviluppato in Occidente e il senso della mente che si sviluppò in Oriente”. Il confronto delle due civiltà non si riferisce solo a un dato geopolitico, ma assomiglia piuttosto alla Quest di un guerriero, il quale capisce che esiste una forza ulteriore e più interiore rispetto alla sua e in grazia di quest’acquisizione raggiunge il proprio completamento. Alla luce dell’Asia. (Ma questa è forse un’altra storia – e l’impressione è che sia necessario che il produttore si faccia, in un certo senso, autore, perché dentro di sé quella vicenda lui la tiene già scritta).
Tornando all’oggi, De Laurentiis prosegue: “Vorrei realizzare due cose in Cina, a parte i progetti calcistici. La prima, già avviata, è il cinema in lingua cinese per i cinesi. La seconda è fare l’agricoltore. Sì, un agricoltore moderno. Ma per questo ci vuole più tempo. Mi spiego: convinto come sono che la nostra salute nasca dalla qualità dell’alimentazione, mi piacerebbe – racconta – poter investire in colture biologiche sul territorio cinese, importando in Cina la cultura contadina italiana”. Il patron della Filmauro e del Napoli Calcio ricorda di avere operato “una selezione di una quindicina di tipi di pomodoro su ben 1.500: mi farebbe piacere portare la mia scelta in Cina, cercare i terreni giusti, la composizione chimica e sperimentare le qualità che vi si riproducono. E poiché sono un eccellente tecnico della distribuzione del prodotto, mi sarebbe facile organizzare la distribuzione del pomodoro anche per un miliardo e mezzo di persone. Cercando di scommettere sull’integrità della salute e sull’allungamento della vita”. Non è mistero che questa inventiva si aspettino e amino i cinesi, da diversi secoli, quando si confrontano con gli italiani.
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