Il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis ha rilasciato una lunga intervista al forum del Corriere dello Sport:
Ora che il Napoli si è inserito autorevolmente tra le Grandi d’Europa, dopo un’ascesa di otto anni in cui i successi calcistici si sono sommati alle costruzione d’un modello finanzario, cos’altro chiede a se stesso Aurelio De Laurentiis?
«Continuare a far felice una città, un popolo azzurro presente in Italia e in tutto il Mondo».
Ovviamente spingendo anche sul marchio….
«La soddisfazione di notare il marchio ovunque, anche attraverso gli oltre mille prodotti, ha bisogno di rigenerarsi di giorno in giorno. E dunque, adesso, è il momento di studiare attentamente gli sviluppi tecnologici. Creare una tv diversa, forse via web, è l’idea. Il futuro sono invece i tablet, l’Ipad e poi chissà cos’altro ancora, perché c’è una evoluzione impressionante. Tra poco, con l’utilizzazione del 4G, comincerà una nuova era e noi vogliamo essere in grado di servire i nostri tifosi nel miglior modo possibile».
Dal 2004, è cambiato l’Universo: tranne il calcio
«Si è fatto pochissimo, quasi nulla. Siamo lontanissimi da altri Paesi che potremmo definire pilota: in Germania e in Inghilterra, ad esempio, sono due lustri avanti e mentre noi stiamo ancora qui a discutere sulla legge degli stadi, lì hanno l’Allianz Arena e l’Emirates Stadium. E mentre qui vendiamo i diritti televisivi per un tozzo di pane, la Premier consente di dividersi cifre straordinarie».
E mentre loro sono nel Terzo Millennio, voi qui faticate a costruire un apparato manageriale che gestisca il calcio
«Lega e Figc sarebbero due cose diverse e invece troppo spesso in passato si sono rivelate la stessa cosa. Cane non morde cane. Abbiamo sprecato tempo, vero, ma è sbagliato dire che Beretta è il vecchio che avanza. E’ chiaro che poi sarà necessario darsi nuove regole e, innanzitutto, un nuovo statuto. E’ indiscutibile che vada riformato tutto e si è ben cominciato con la divisione dalla B, avvenuta più di due anni fa. Ora bisognerà decidere di operare su quattro aree: una per lo sfruttamento commerciale della serie A nei territori esteri; un’altra per lo sfruttamento commerciale della serie A sul territorio italiano; una terza per l’organizzazione interna della Lega e delle competizioni; l’ultima che si preoccupi di fare lobby politica. Poi, forse, e dico forse, il ruolo di Presidente di Lega potrebbe essere ricoperto a rotazione semestrale da ciascuno dei Presidenti di serie A».
Un problema serio da fronteggiare è il calo di spettatori
«Nel ’99, quando volevo prendere il Napoli da Ferlaino, parlai di stadio virtuale; discorso che ho ripetuto nel mio insediamento del 2004. Bisogna convincersi che è mutato il rapporto della gente con il calcio, per vari motivi; che è arrivata la crisi economica, e chi non arriva alla quarta settimana del mese non può spendere per andare allo stadio. E dunque: aumentano gli spettatori televisivi e diminuiscono quelli sugli spalti. Però noi come fronteggiamo questo problema serio? Sbagliando, perché invece di selezionare il numero delle gare, aumentiamo il numero delle stesse».
Come si potrebbe imprimere una svolta?
«Non si esce dagli equivoci senza un sistema di legalità che garantisca il mondo del football. Ed è inutile continuare a sognare strutture all’avanguardia se non si legifera rapidamente e seriamente pure sugli stadi. Ma servono impianti veramente all’avanguardia, confortevoli; e poi vanno introdotte misure cautelative che tutelino gli investimenti. Si possono mai spendere milioni di euro, per veder magari demolire una poltroncina o una toilette? In Inghilterra ci sono strutture e strumenti di tutela adeguati e, soprattutto, certezza della pena, oltre a una cultura diversa, costruita attraverso anni di lavoro. Con i nostri tifosi bisogna dialogare, scambiandosi opinioni. Loro sono i nostri clienti. Le regole attuali, invece, ci limitano nella possibilità di relazionarci con loro. Così non si educa ma si continua a provocare violenza».
Un salto a Fuorigrotta e dintorni: ma accomodandosi con il sindaco di Napoli, De Magistris, si riesce a scovare un’area in cui eventualmente far nascere il nuovo stadio?
«Per cominciare, il Comune di Napoli ha una situazione debitoria significativa e ciò non facilita la programmazione di un investimento su un nuovo impianto. Ma servono tempi e strategie. Per cominciare, va fatto un business plan, avendo consapevolezza delle esigenze della gente. E’ necessario, per esempio, studiare e comprendere – anche in prospettiva – quale capienza sarebbe corretta rispetto ai possibili scenari di futura fruizione del prodotto calcio».
Il primo intervento da fare è….?
«Io continuo a credere che sessanta club storici, messi assieme, in due gironi da trenta o in tre da venti, creerebbero uno spettacolo senza eguali e con un’audience mostruosa. Non un campionato sostitutivo di quelli Nazionali, ma affiancato. E però penso anche che in questo momenti si giochi troppo, che il nostro campionato andrebbe riportato agli anni ’80, quando la serie A era un torneo di sedici squadre. Ma dipendesse da me, sarebbe un torneo bloccato, modello Nba: va fuori solo chi sbaglia e non rispetta le leggi».
Tipo il fair play finanziario
«Io sono leale, conosco le regole e le ossequio. La vera sfida sta nella capacità di riuscire a decuplicare il fatturato del calcio mondiale, la cui moltiplicazione passa attraverso la miglior configurazione e commercializzazione del prodotto. E invece ci sono storture ovunque, sovente i calciatori arrivano in ritiro quando possono, perché intanto hanno dovuto impegnare la propria estate cone le maglie delle rispettive Nazionali. E ancora: a stagione in corso i sudamericani devono farsi dieci ore di volo per andare a giocare per il loro Paese – magari per amichevoli prive di contenuto tecnico – e rientrano il venerdì. In giro non ci sono soldi ma noi vorremmo che i tifosi ogni quattro giorni fossero a vedere partite. Gli eventi si creano con l’attesa, mica con l’affollamento».
Piccoli interventi ne sono stati fatti…
«Perlomeno adesso portiamo in panchina tutti quelli che abbiamo in organico. Per rimuovere un paradosso elementare, c’è voluta quasi una battaglia: ma scusate, io ho una forza lavoro di ventitré calciatori e cinque di questi li dovevo mandare in tribuna o lasciarli a casa? Dal punto di vista etico, che senso aveva? Perché chi non rientrava in quella gara tra le scelte del tecnico si doveva sentire inutile? Però per fortuna è andata».
Tra i mali da debellare, c’è il razzismo
«Siamo di fronte all’atteggiamento di gente culturalmente inadeguata, alla quale va proibito di entrare negli stadi. E’ folle ed è quindi da condannare chi manifesta questo livello di inciviltà».
Impossibile eludere l’argomento del giorno, sul quale preferisce glissare: però, onestamente, cosa vuol dire «quell’arbitro è napoletano», frase pronunciata dall’amministratore delegato della Juventus, Marotta?
«Posso rispondere con naturalezza: il signor Guida era napoletano anche nel primo tempo di Juventus-Genoa, quando gli è sfuggito il rigore per i rossoblù sul fallo di mano di Vucinic. E per me qui si chiude il discorso: perché non intendo alimentare ulteriori polemiche su un argomento che non abbiamo creato noi».
Capitolo tecnico: Mazzarri, proprio qui al Corriere dello Sport-Stadio, ha parlato di ipotesi di anno sabbatico. Dovesse accadere, il Napoli potrebbe fare a meno del suo allenatore?
«Andiamo per gradi: Mazzarri ha la mia stima ed io vorrei che rimanesse il più a lungo possibile con noi. Io con i toscani mi sono trovato sempre bene, come dimostrano i sodalizi professionali con Benigni, con Neri Parenti, con Monicelli e con Giovanni Veronesi. Il rapporto tra me e lui è splendido, pur nella contrapposizione: perché sento che è vero, è verace e dice in faccia tutto ciò che pensa. Ciò non vuol dire che quello che dice è sempre condivisibile da qualsiasi punto di vista, ma negli anni abbiamo instaurato una dialettica virtuosa basta sul rispetto reciproco e sulla comprensione delle rispettive esigenze, che ha fatto crescere il rapporto in maniera assai efficace. Io mi auguro che resti».
Un allenatore che le potrebbe piacere o che le è piaciuto?
«Mazzarri. Che volevo già qualche tempo prima che lo prendessi. Ma in quel caso non fu possibile, non fui io ad andare a trattare e mi fu detto che c’era una differenza economica sostanziale tra domanda ed offerta. Poi quando dovetti intervenire per sostituire Donadoni, lo andai a bloccare. Avevo già visto in lui la figura ideale per il Napoli».
Ma De Laurentiis allo scudetto crede?
«Io credo a tutto….Tranne alla irragionevole scelta di andare fuori budget, il che metterebbe dunque seriamente a rischio la salute del bilancio societario e di conseguenza il futuro del club. Il Napoli ha dimostrato di arrivare in Champions e di fronteggiare chiunque avendo i conti a posto. C’è una solidità tecnica che è indiscutibile. E anche il lavoro del settore giovanile ci sta ripagando con enormi soddisfazioni».
La domanda da 55 milioni è inevitabile: Cavani?
«Cominciamo con il dire che ho già risposto a chi ha fatto quell’offerta: Cavani non è vendita. Tant’è vero che l’ho blindato. Poi vedremo se verrà qualcuno alla carica per pagare la clausola rescissoria e, soprattutto, se il club che dovesse proporre tale offerta sarà di gradimento del giocatore».
Insigne è l’ultimo gioiello di casa: ma la Roma glielo ha mai chiesto?
«Mi sembra di sì».
Le è mai stato chiesto, invece, di entrare in politica?
«Due volte ed ho sempre declinato l’invito. Non potrei continuare a seguire adeguatamente il mio lavoro di imprenditore».
Prossimo step?
«Stiamo ultimando la progettazione dei nuovi negozi del Napoli. Dopo averne aperto uno presso l’aeroporto di Capodichino, stiamo per inaugurare un punto vendita alla stazione Centrale di Napoli. E tra un po’ inaugureremo anche il nostro ristorante ed il nostro Museo. Mi piacerebbe rilanciare il lungomare attrezzandolo modello-Croisette di Cannes, dagli approdi di Mergellina sino al Borgo Marinario. E in tale contesto sogno di poter offrire servizi di ristorazione e di intrattenimento. Vorrei regalare gratificazioni alla gente, per far provare loro la stessa gioia che provo quando i tifosi sono felici per una vittoria del Napoli. Ma io sono contento anche quando vedo la gente uscire appagata dalle sale cinematografiche: a volte mi confondo tra gli spettatori, ne colgo gli umori; e se sono soddisfatti del film, lo sono anche io».
Una provocazione: da napoletano che vive a Roma, ha più simpatia per i giallorossi o per i biancocelesti?
«Domanda tranello. Però rispondo: ai miei figli, da bambini, ho sempre insegnato la napoletanità».
Cosa le ha lasciato dentro la vicenda di Cannavaro e Grava?
«Io sono sempre stato convinto che Paolo e Gianluca non c’entrassero nulla. Tant’è vero che non ho mai optato per il patteggiamento».
«Continuare a far felice una città, un popolo azzurro presente in Italia e in tutto il Mondo».
Ovviamente spingendo anche sul marchio….
«La soddisfazione di notare il marchio ovunque, anche attraverso gli oltre mille prodotti, ha bisogno di rigenerarsi di giorno in giorno. E dunque, adesso, è il momento di studiare attentamente gli sviluppi tecnologici. Creare una tv diversa, forse via web, è l’idea. Il futuro sono invece i tablet, l’Ipad e poi chissà cos’altro ancora, perché c’è una evoluzione impressionante. Tra poco, con l’utilizzazione del 4G, comincerà una nuova era e noi vogliamo essere in grado di servire i nostri tifosi nel miglior modo possibile».
Dal 2004, è cambiato l’Universo: tranne il calcio
«Si è fatto pochissimo, quasi nulla. Siamo lontanissimi da altri Paesi che potremmo definire pilota: in Germania e in Inghilterra, ad esempio, sono due lustri avanti e mentre noi stiamo ancora qui a discutere sulla legge degli stadi, lì hanno l’Allianz Arena e l’Emirates Stadium. E mentre qui vendiamo i diritti televisivi per un tozzo di pane, la Premier consente di dividersi cifre straordinarie».
E mentre loro sono nel Terzo Millennio, voi qui faticate a costruire un apparato manageriale che gestisca il calcio
«Lega e Figc sarebbero due cose diverse e invece troppo spesso in passato si sono rivelate la stessa cosa. Cane non morde cane. Abbiamo sprecato tempo, vero, ma è sbagliato dire che Beretta è il vecchio che avanza. E’ chiaro che poi sarà necessario darsi nuove regole e, innanzitutto, un nuovo statuto. E’ indiscutibile che vada riformato tutto e si è ben cominciato con la divisione dalla B, avvenuta più di due anni fa. Ora bisognerà decidere di operare su quattro aree: una per lo sfruttamento commerciale della serie A nei territori esteri; un’altra per lo sfruttamento commerciale della serie A sul territorio italiano; una terza per l’organizzazione interna della Lega e delle competizioni; l’ultima che si preoccupi di fare lobby politica. Poi, forse, e dico forse, il ruolo di Presidente di Lega potrebbe essere ricoperto a rotazione semestrale da ciascuno dei Presidenti di serie A».
Un problema serio da fronteggiare è il calo di spettatori
«Nel ’99, quando volevo prendere il Napoli da Ferlaino, parlai di stadio virtuale; discorso che ho ripetuto nel mio insediamento del 2004. Bisogna convincersi che è mutato il rapporto della gente con il calcio, per vari motivi; che è arrivata la crisi economica, e chi non arriva alla quarta settimana del mese non può spendere per andare allo stadio. E dunque: aumentano gli spettatori televisivi e diminuiscono quelli sugli spalti. Però noi come fronteggiamo questo problema serio? Sbagliando, perché invece di selezionare il numero delle gare, aumentiamo il numero delle stesse».
Come si potrebbe imprimere una svolta?
«Non si esce dagli equivoci senza un sistema di legalità che garantisca il mondo del football. Ed è inutile continuare a sognare strutture all’avanguardia se non si legifera rapidamente e seriamente pure sugli stadi. Ma servono impianti veramente all’avanguardia, confortevoli; e poi vanno introdotte misure cautelative che tutelino gli investimenti. Si possono mai spendere milioni di euro, per veder magari demolire una poltroncina o una toilette? In Inghilterra ci sono strutture e strumenti di tutela adeguati e, soprattutto, certezza della pena, oltre a una cultura diversa, costruita attraverso anni di lavoro. Con i nostri tifosi bisogna dialogare, scambiandosi opinioni. Loro sono i nostri clienti. Le regole attuali, invece, ci limitano nella possibilità di relazionarci con loro. Così non si educa ma si continua a provocare violenza».
Un salto a Fuorigrotta e dintorni: ma accomodandosi con il sindaco di Napoli, De Magistris, si riesce a scovare un’area in cui eventualmente far nascere il nuovo stadio?
«Per cominciare, il Comune di Napoli ha una situazione debitoria significativa e ciò non facilita la programmazione di un investimento su un nuovo impianto. Ma servono tempi e strategie. Per cominciare, va fatto un business plan, avendo consapevolezza delle esigenze della gente. E’ necessario, per esempio, studiare e comprendere – anche in prospettiva – quale capienza sarebbe corretta rispetto ai possibili scenari di futura fruizione del prodotto calcio».
Il primo intervento da fare è….?
«Io continuo a credere che sessanta club storici, messi assieme, in due gironi da trenta o in tre da venti, creerebbero uno spettacolo senza eguali e con un’audience mostruosa. Non un campionato sostitutivo di quelli Nazionali, ma affiancato. E però penso anche che in questo momenti si giochi troppo, che il nostro campionato andrebbe riportato agli anni ’80, quando la serie A era un torneo di sedici squadre. Ma dipendesse da me, sarebbe un torneo bloccato, modello Nba: va fuori solo chi sbaglia e non rispetta le leggi».
Tipo il fair play finanziario
«Io sono leale, conosco le regole e le ossequio. La vera sfida sta nella capacità di riuscire a decuplicare il fatturato del calcio mondiale, la cui moltiplicazione passa attraverso la miglior configurazione e commercializzazione del prodotto. E invece ci sono storture ovunque, sovente i calciatori arrivano in ritiro quando possono, perché intanto hanno dovuto impegnare la propria estate cone le maglie delle rispettive Nazionali. E ancora: a stagione in corso i sudamericani devono farsi dieci ore di volo per andare a giocare per il loro Paese – magari per amichevoli prive di contenuto tecnico – e rientrano il venerdì. In giro non ci sono soldi ma noi vorremmo che i tifosi ogni quattro giorni fossero a vedere partite. Gli eventi si creano con l’attesa, mica con l’affollamento».
Piccoli interventi ne sono stati fatti…
«Perlomeno adesso portiamo in panchina tutti quelli che abbiamo in organico. Per rimuovere un paradosso elementare, c’è voluta quasi una battaglia: ma scusate, io ho una forza lavoro di ventitré calciatori e cinque di questi li dovevo mandare in tribuna o lasciarli a casa? Dal punto di vista etico, che senso aveva? Perché chi non rientrava in quella gara tra le scelte del tecnico si doveva sentire inutile? Però per fortuna è andata».
Tra i mali da debellare, c’è il razzismo
«Siamo di fronte all’atteggiamento di gente culturalmente inadeguata, alla quale va proibito di entrare negli stadi. E’ folle ed è quindi da condannare chi manifesta questo livello di inciviltà».
Impossibile eludere l’argomento del giorno, sul quale preferisce glissare: però, onestamente, cosa vuol dire «quell’arbitro è napoletano», frase pronunciata dall’amministratore delegato della Juventus, Marotta?
«Posso rispondere con naturalezza: il signor Guida era napoletano anche nel primo tempo di Juventus-Genoa, quando gli è sfuggito il rigore per i rossoblù sul fallo di mano di Vucinic. E per me qui si chiude il discorso: perché non intendo alimentare ulteriori polemiche su un argomento che non abbiamo creato noi».
Capitolo tecnico: Mazzarri, proprio qui al Corriere dello Sport-Stadio, ha parlato di ipotesi di anno sabbatico. Dovesse accadere, il Napoli potrebbe fare a meno del suo allenatore?
«Andiamo per gradi: Mazzarri ha la mia stima ed io vorrei che rimanesse il più a lungo possibile con noi. Io con i toscani mi sono trovato sempre bene, come dimostrano i sodalizi professionali con Benigni, con Neri Parenti, con Monicelli e con Giovanni Veronesi. Il rapporto tra me e lui è splendido, pur nella contrapposizione: perché sento che è vero, è verace e dice in faccia tutto ciò che pensa. Ciò non vuol dire che quello che dice è sempre condivisibile da qualsiasi punto di vista, ma negli anni abbiamo instaurato una dialettica virtuosa basta sul rispetto reciproco e sulla comprensione delle rispettive esigenze, che ha fatto crescere il rapporto in maniera assai efficace. Io mi auguro che resti».
Un allenatore che le potrebbe piacere o che le è piaciuto?
«Mazzarri. Che volevo già qualche tempo prima che lo prendessi. Ma in quel caso non fu possibile, non fui io ad andare a trattare e mi fu detto che c’era una differenza economica sostanziale tra domanda ed offerta. Poi quando dovetti intervenire per sostituire Donadoni, lo andai a bloccare. Avevo già visto in lui la figura ideale per il Napoli».
Ma De Laurentiis allo scudetto crede?
«Io credo a tutto….Tranne alla irragionevole scelta di andare fuori budget, il che metterebbe dunque seriamente a rischio la salute del bilancio societario e di conseguenza il futuro del club. Il Napoli ha dimostrato di arrivare in Champions e di fronteggiare chiunque avendo i conti a posto. C’è una solidità tecnica che è indiscutibile. E anche il lavoro del settore giovanile ci sta ripagando con enormi soddisfazioni».
La domanda da 55 milioni è inevitabile: Cavani?
«Cominciamo con il dire che ho già risposto a chi ha fatto quell’offerta: Cavani non è vendita. Tant’è vero che l’ho blindato. Poi vedremo se verrà qualcuno alla carica per pagare la clausola rescissoria e, soprattutto, se il club che dovesse proporre tale offerta sarà di gradimento del giocatore».
Insigne è l’ultimo gioiello di casa: ma la Roma glielo ha mai chiesto?
«Mi sembra di sì».
Le è mai stato chiesto, invece, di entrare in politica?
«Due volte ed ho sempre declinato l’invito. Non potrei continuare a seguire adeguatamente il mio lavoro di imprenditore».
Prossimo step?
«Stiamo ultimando la progettazione dei nuovi negozi del Napoli. Dopo averne aperto uno presso l’aeroporto di Capodichino, stiamo per inaugurare un punto vendita alla stazione Centrale di Napoli. E tra un po’ inaugureremo anche il nostro ristorante ed il nostro Museo. Mi piacerebbe rilanciare il lungomare attrezzandolo modello-Croisette di Cannes, dagli approdi di Mergellina sino al Borgo Marinario. E in tale contesto sogno di poter offrire servizi di ristorazione e di intrattenimento. Vorrei regalare gratificazioni alla gente, per far provare loro la stessa gioia che provo quando i tifosi sono felici per una vittoria del Napoli. Ma io sono contento anche quando vedo la gente uscire appagata dalle sale cinematografiche: a volte mi confondo tra gli spettatori, ne colgo gli umori; e se sono soddisfatti del film, lo sono anche io».
Una provocazione: da napoletano che vive a Roma, ha più simpatia per i giallorossi o per i biancocelesti?
«Domanda tranello. Però rispondo: ai miei figli, da bambini, ho sempre insegnato la napoletanità».
Cosa le ha lasciato dentro la vicenda di Cannavaro e Grava?
«Io sono sempre stato convinto che Paolo e Gianluca non c’entrassero nulla. Tant’è vero che non ho mai optato per il patteggiamento».
Fonte: Il Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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