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Il patron De Laurentiis: ”Mi sento più napoletano che romano”

''Nel cinema ho esordito nel 1968''

Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, è stato intervistato dal Corriere della Sera, ecco alcune sue dichiarazioni evidenziate dalla redazione di IamNaples.it:

Aurelio De Laurentiis, qual è il primo film che ha visto?

«Un film sui Mau Mau con Victor Mature. Ma i primi che mi hanno segnato, all’età di 4 anni, furono Il corsaro dell’isola verde con Burt Lancaster, girato dal regista americano Robert Siodmak a Ischia, e I tre moschettieri con Gene Kelly».

Aurelio è il nome di suo nonno.

«Irpino di Torella dei Lombardi. Sposò nonna Giuseppina, che era di Torre Annunziata, e aprì un pastificio: “Pasta extra di lusso Aurelio De Laurentiis” era il marchio. Ora voglio cominciare a produrre pasta con quel marchio. Già produco un olio premiato a Barcellona per il miglior involucro. Vorrei investire anche sul mondo dei gelati e sull’agricoltura bio».

Ma lei si sente romano o napoletano?

«Napoletano. Il più bel ricordo d’infanzia è il ragù con cui la nonna condiva le candele o gli ziti fumanti».

Lei quando esordì?

«Nel 1968 la Dino De Laurentiis produsse Rosolino Paternò, soldato e mio padre mi iniziò al cinema come aiuto segretario di produzione: mi alzavo alle 4 e mezza del mattino per vestire migliaia di comparse. Gli attori erano Nino Manfredi, Peter Falk, Martin Landau e Jason Robards. Il film era girato in inglese, di cui Nino e il regista Nanni Loy non sapevano una parola. In più Loy era un fervente comunista che inveiva contro l’America; Robards per protesta si rapò a zero, dovetti procurargli una parrucca. Sergio Leone nel ’64 reinventa il genere western, Bava il genere horror… questi film girati in inglese conquistano l’estero, facendo raggiungere all’industria cinematografica italiana il secondo posto nel mondo. Ma gli americani ci ricordano che i patti non sono quelli. E il governo impone una legge, la 1213, che uccide il nostro cinema a livello internazionale, costringendo a girare solo in italiano, con personale artistico e tecnico italiano, in teatri italiani. Allora Dino deciderà di trasferirsi, più tardi, in America».

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