Al meglio non c’è mai fine e, otto anni dopo, mentre alle spalle sfilano i cortei per la promozione in B e poi quella in A e gli occhi son cerchiati di stanchezza per le notti dell’Intertoto, dell’Europa League e della Champions, ciò ch’emerge da quell’onda di felicità simbolicamente raffigurata da De Laurentiis è una visione celestiale: «Noi siamo già in Paradiso. Per me il Napoli storico e glorioso è stato quello di Maradona. Poi c’è stato un incidente di percorso, con il Fallimento; e ora ecco qua noi». Il viaggio (quasi) surreale che ha condotto dal Cittadella al Chelsea è un percorso netto che racchiude diapositive indimenticabili e quella rivoluzione copernicana per riemergere dalla macerie è l’esempio da mostrar con fierezza nel Vecchio Continente, la concretizzazione d’un progetto in fase d’evoluzione svelato su Radio Marte: «La febbre per questa squadra s’è manifesta sempre, sin dai primi giorni della serie C. Ma ora archiviamo la vittoria di martedì sera e pensiamo all’Inter: non è per nulla una gara scontata e domenica sarà come sempre fondamentale il sostegno dei nostri tifosi».
CLASSE OPERAIA – Il cielo è sempre più blues, e vabbé, ma la Grande Abbuffata d’un martedì è nel contenitore stracolmo di questa belle epoque cominciata nell’agosto del 2004 intrisa di sangue, sudore e sacrificio, dell’umiltà d’un gruppo al quale è stato sempre consigliato il basso profilo come stile di vita e al quale ora De Laurentiis spedisce tenere carezze che sanno di suggerimenti: «Sappiamo che al san Paolo arriverà un’avversaria arrabbiata, alla ricerca del riscatto e del risultato. So che noi prepareremo questa sfida come sempre, con quell’identità operaia che ci ha caratterizzato sempre. Non sarà una passeggiata, mi aspetto massima concentrazione e ambisco ad una bella prestazione».
MISSIONE POCHO – Il calcio ai tempi della rifondazione è un ciclo avviato tra le scartoffie di Castelcapuano ( «ricordate, il Napoli era un pezzo di carta?» ) e però poi blindato attraverso la strategica ricerca della meglio gioventù in Italia e all’Estero, in Europa e in Sud America: «Sono tanti anni che il pocho, Hamsik e Gargano stanno con noi, fanno parte della famiglia. Ho letto le dichiarazioni del procuratore di Lavezzi e ne prendo atto: lui sa che Ezequiel è uno di noi e se qualcuno pensa che la sua missione sia finita, noi cercheremo di convincerlo del contrario, però senza costringere nessuno».
GRAZIE DEI FIORI – L’otto volante che ha consentito d’attraversare il football dal basso in alto, sino ad apprezzare la Champions da lassù, è il centro di gravità permanente per gratificazioni istituzionali ( «ringrazio ufficialmente il presidente del Coni Petrucci per i pubblici complimenti: ricevere da una persona di tale cultura sportiva attenzioni è motivo d’orgoglio» ) ma pure un modello di comportamento rigoroso e rispettoso delle norme e dei bilanci: «Il club procede nella sua politica, assecondando le regole dell’Uefa che non tutti però rispettano. Un anno può andar meglio e si fa la Champions, un altro ci si concentra sul campionato. Ma bisogna tener fede ai presupposti di solidità, che sono fondamentali. Io resto con i piedi per terra».
TUTTI A LONDRA – Si (ri)parte per un mese da vivere tutto d’un fiato, otto gare in trentacinque giorni, avendo però chiunque a Napoli il 14 marzo cerchiato d’azzurro: «Chiedo a Petrucci, ad Abete e a Paltini di verificare la situazione di Stamford Bridge: se lo stadio non fosse esaurito, vorrei più dei 2700 biglietti previsti per i nostri tifosi. Prevenire è meglio che curare e magari, chissà, si potrebbe arrivare anche tagliandi, in caso di invenduto. E comunque, sarà un periodo intenso, in cui penso si possa far bene. Ma sarà difficile, perché ci aspettano antagonisti di spessore. La coppa Italia, poi, è un passaporto per l’Europa e sarebbe piacevole vincerlo e portarlo qua». Nel regno di Napoli.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.