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De Laurentiis: “La penalità falsa il torneo”

Juventus e Napoli divisi da una sola partita, da quello scontro diretto che Mazzarri ancora rivive, nelle proprie notti agitate, come un incubo o come un’occasione gettata al vento. I tre punti di differenza (sul campo) dicono proprio questo: raccontano di una sostanziale parità violata dalla sfida allo Juventus Stadium. Le altre diciannove giornate riportano un perfetto equilibrio contraddetto solo dalla teoria tutta aritmetica di Mazzarri che invita a confrontare anche il monte-ingaggi della Juventus e del Napoli: 115 milioni lordi contro 53,2, numeri che lascerebbero supporre una distanza abissale in classifica.
E invece il distacco è di 5 punti: tre derivanti dalla sconfitta nel faccia a faccia e altri due (che il Napoli duramente contesta) come conseguenza delle parole consegnate da Gianello alla magistratura statale e calcistica. Giovedì, nel processo sportivo d’appello, si discuterà dell’affidabilità dell’ex terzo portiere, definito dagli stessi magistrati personaggio assolutamente marginale all’interno dello spogliatoio. Ma la sua proposta indecente a Cannavaro e Grava (da loro sempre negata) ha prodotto effetti che potrebbero condizionare il futuro. Dipendere da un verdetto che si riferisce a fatti di due stagioni fa rende l’idea di quanto maledettamente lenta sia la macchina giudiziaria, toccando perfino il totem della certezza del diritto. Al di là delle questioni giuridiche più o meno sottili, resta la domanda: ma Juventus e Napoli davvero pari sono?
Quando si parla di squadre, intese come formazioni allestite secondo strategie e schemi, il valore dei singoli può essere stravolto dalla forza del gruppo. E il gruppo di Mazzarri è davvero forte. Andrebbe riproposto nei manuali di tecnica la brevissima spiegazione attraverso la quale l’allenatore enunciò la tattica preparata per battere la Roma di Zeman. Era infuriato con chi semplicisticamente aveva ridotto un successo alla straordinaria prestazione di Cavani. E invece era stato tutto preparato: aveva studiato uno scacco matto in tre mosse, partendo da Britos, passando per Maggio e concludendo con Cavani. La sicurezza, ostentata dopo una vittoria chiarissima, era pari solo all’applicazione che quelle parole sottintendevano.
Non solo Cavani, dunque, come il pomeriggio di domenica con il Palermo ha dimostrato. Il dettaglio ha paradossalmente rafforzato la quotazione del Napoli, liberandolo dalla dipendenza verso il suo cannoniere. Cavani resta imprescindibile, il ritorno di Calaiò non rappresenta un’impossibile alternativa, ma un’utile possibilità concessa soprattutto durante le partite. Ora il Napoli fa più paura anche alla Juventus che, probabilmente e senza follie, affretterà qualche operazione di rafforzamento, tanto per evitare cadute che nessuno avrebbe ipotizzato prima della pausa natalizia. Indirettamente un’ammissione della forza del Napoli (e della Lazio). Marchisio forse la chiamerebbe ancora antipatia, il sentimento che per anni ha certificato il potere juventino.

Massimo Corcione per “Il Mattino”

La Redazione

P.S.

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