Su e giù: e da quel tour sulle montagne russe, passando (virtualmente) da Dimaro a Londra, c’è un panorama che va da un anno all’altro, che abbraccia il passato e il futuro, che lascia scivolare nelle valli, sui lungomari, nell’universo Napoli, carezze e persino qualche graffietto rifilati con cura da Aurelio De Laurentiis. Perché in quelle parole, che sono talvolta anche sassolini, sembra d’intravedere sagome ben precise: sopra la panca, i messaggi subliminali campano…
De Laurentiis siamo (idealmente) già in Dimaro: ma prima….
«Partiamo dal ritiro, dalle mie idee che Maurizio Rossini, direttore marketing del Trentino, sta supportando. Casa-Napoli si trasferirà lì anche quest’estate e noi stiamo lavorando affinché si possa creare un rapporto con i tifosi del nostro futuro».
Che però sta per cominciare adesso…
«Resto su quest’argomento: noi abbiamo in testa una serie di novità, vogliamo irrobustire ulteriormente il rapporto con i fans, avviare dei camp estivi e anche invernali, per bambini dai sei ai dodici anni. E’ un’opportunità che può andar bene soprattutto in estate, quando le scuole saranno chiuse, ma pure d’inverno».
E’ un modo per avvicinare al Napoli che sta costruendo partendo dall’allenatore…
«Calma, una cosa per volta. Ora è il momento di dedicarsi a queste nuove iniziative, al desiderio di essere presenti in 50 località diverse, nelle quali far arrivare 50 personaggi rappresentativi del passato del Napoli con il compito di fungere da tecnici».
Finalmente ci siamo, ci avviciniamo alla panchina…
«Ove necessario ospiteremo anche le famiglie e apriremo al territorio: saremo in Trentino, ma anche in Campania, in Costiera Amalfitana ad esempio; o in Abruzzo, a Roccaraso. E poi pensiamo all’Estero: in Inghilterra, semmai; e negli Stati Uniti e in Australia e in Sud America. Sarà un progetto ampio. Abbiamo fatto un rapido calcolo: ci sono almeno cinquemila fanciulli che possono essere serviti da noi».
Perdoni l’«insolenza»: non vorremmo stroncarle il tweet dell’annuncio dell’«entrenador». A quando?
«Diciamo a breve. Anche se credo sia chiaro che io le cose le faccio con calma».
Andiamo per gradi: che caratteristiche dovrà avere l’uomo al quale affiderà la squadra da Champions.
«Una su tutte: deve avere un profondo amore verso Napoli e la napoletanità, è il modo migliore per andare d’accordo. Voglio un uomo che si radichi nel territorio e non un ospite che faccia l’ospite. E se imparasse anche il dialetto…».
Rafa Benitez è un poliglotta: sarà più semplice per lui….
«Certo ch’è più facile per chi già parla quattro lingue….».
Proviamo ad essere seri: il modulo, eventualmente, potrà rappresentare un pregiudizio?
«Assolutamente no. Non mi lascerò condizionare dal sistema di gioco che il nuovo tecnico vorrà usare. A me interessa che abbia le….Come di dice in questi casi: il carattere».
Il suo giro di perlustrazione è stato ampio.
«Ne ho incontrati tanti, ne ho sentiti tantissimi perché ritengo importante conoscere bene la persona ancor prima che il professionista. L’aspetto umano va privilegiato: comincio a pensare che tatticamente l’incidenza di un allenatore arrivi al massimo al 15%; bisogna aver capacità nella gestione dello spogliatoio. Anche la durezza aiuta la crescita».
L’identikit sembra tracciato ma quanti e quali sono quelli che ha avuto modo di incrociare.
«Potrei dire tutti gli italiani, va’. E comunque avevo pensato anche Lopez del Cagliari, che non ha il patentino. Però non ho voluto fare alcuno sgarbo a Cellino e non mi sono permesso neppure di telefonargli».
Facciamo i nomi, allora.
«Vi accontento subito: vero, ho parlato con Benitez ma ho anche sentito Villas Boas e Di Matteo, Pellegrini e pure Klopp, che però mi ha detto d’essere sotto contratto sino al 2016. E poi Blanc e Deschamps, che ha portato la Juventus in serie A».
Una rosa ampia….
«Io sto per partire per Londra, poi andrò in America e tornerò in Italia solo il 17 giugno. Avevo bisogno di muovermi in anticipo. Ho seminato da mesi, perché sapevo da un po’ che Mazzarri – con il quale bastava ormai uno sguardo per capirsi – non sarebbe rimasto: gli avevo proposto un biennale, ma quando ho avuto percezione dell’epilogo ho cominciato a dare un’occhiata intorno. E sono partito con queste personalissime interviste: per intuire se convivere sotto lo stesso tetto sarebbe stato possibile».
Ma sta pensando ad una squadra di giovani?
«Io non intendo allestire un Napoli con ragazzi che vanno allevati e poi venduti. E’ ben altro il nostro profilo progettuale. E poi Balotelli non è giovane e non è stato sempre bravo, a prescindere dall’età? E Lamela non lo è? E se uno come l’argentino lo fai giocare, è un grande calciatore. Quando parlo di acquisti mi riferisco sempre a elementi pronti per l’uso. E comunque noi pensiamo anche di saper programmare: penso che sia stato dimostrato».
Non teme che se i tempi dell’accordo dovessero dilatarsi rischiereste di trovarvi in ritardo?
«Il campionato è lontano ed anche il raduno di Dimaro. E poi, se proprio l’allenatore avesse bisogno di altri giorni per effettuare la preparazione, potremmo sempre rimanere alle porte di Londra dopo il torneo all’Emirates con Arsenal, Porto e Galatasaray».
Il clou di Dimaro, l’estate scorsa, fu l’amichevole con il Bayern Monaco.
«Stavolta li evitiamo: li potremmo incontrare in Champions, inutile scoprirsi. Semmai so che ci sono anche gli olandesi del Feyenoord».
Non c’è Cavani nel poster promozionale della Val di Sole.
«Non c’era neppure a luglio del 2012, perché impegnato alle Olimpiadi. Tra un po’ comincerà la Confederation Cup, poi dovrà far le vacanze. E poi vedremo: state buoni, il ragù verrà buono. E se il matador resta qua, inutile pensare a Dzeko».
Uno sguardo a quel ch’è stato.
«Mi è piaciuta molto, la stagione. Non posso che essere soddisfatto dei risultati, non avverto alcuna delusione, abbiamo confermato di avere un’anima belligerante. E poi partiamo da una base forte».
Però almeno un altro rebus glielo ha lasciato.
«Vorrei capire come si gestisce il doppio impegno. E’ una verità che non conosce nessuno. Ma vogliamo scoprire il modello migliore per riuscire a far bene sia in campionato che in Champions. Riuscire a indovinare quanti calciatori pesanti servano. Intanto, sarebbe utile per tutti una serie A con sedici squadre».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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