Ha visto Maradona. Anzi, ci ha visto la partita insieme, fianco a fianco, gridando di gioia come si fa con gli amici al gol di Higuain – ormai pupillo comune – e poi ha festeggiato la finale di Coppa Italia. Che il Pibe, nell’anno del primo scudetto, ha conquistato coronando un’accoppiata da ripetere al più presto. Aurelio De Laurentiis felice, contento e romantico: ha questo sapore, ha quest’ispirazione l’omaggio con il numero 10. Un brivido irripetibile, esaurito sulla schiena del suo unico padrone, nelle segrete stanze del San Paolo. La casa. « Diego potrebbe essere il nostro fantastico ambasciatore: abbiamo sei milioni di tifosi in Italia e altrettanti nel mondo ». Senza limiti.
PAPA’ RAFA – E allora, il giorno dopo il grande incontro e il prestigioso risultato: seconda finale in tre edizioni; ulteriore passo di una scalata che procede a meraviglia, orchestrata quest’anno dal re di coppe, Rafa Benitez. « Io l’ho incoronato in occasione della prima colazione che mi offrì ». A Liverpool: fu colpo di fulmine, amore a prima vista. « Sembrava mio padre, mio fratello, un amico. M’impressionò all’istante: dopo due ore avevo capito che era l’uomo giusto per me. Gli ho dato completa fiducia ».
VOGLIO VINCERE – De Laurentiis parla, ai microfoni di Radio 24, ed è raggiante: non potrebbe essere altrimenti, dopo una vittoria netta, rotonda e significativa con la super Roma. « Il calcio è adrenalina pura: l’importante è onorare la maglia ». E ora, caccia alla Fiorentina dell’amico, Diego Della Valle: sarà un bel testa a testa. Senza querelle sullo sfondo. « Siamo già soci: probabilmente giocheremo il 7 maggio e poi, il 29 e ancora a Roma, saremo insieme al taglio del nastro del più grande parco tematico del mondo ». Bene, bravi. Però, sia chiaro: « La Coppa non la dividiamo! Il Napoli deve vincere: mi sono assunto una responsabilità, una promessa che ho mantenuto perché la squadra ha vinto. Al massimo «possiamo finire in pareggio, ma poi vinciamo ai rigori ». Risate. Serenità. Ma anche idee chiare: « Non voglio rinunciare a questo trofeo ».
MAZZARRI ADIOS – Il sapore del primo successo, nel 2012, con Walter Mazzarri in panchina, Lavezzi e Cavani in campo, è ancora dolce e merita un bis. A proposito: che differenze riscontra tra il suo ex allenatore e Benitez? « Hanno metodologie diverse ». A partire dalla tattica: « Rafa non usa il 3-5-2 che in Europa non attua nessuno: i campioni giocano con il 4-2-3-1. Nonostante il rischio, bisognava cambiare. Dovendo cedere Cavani, che ormai si diceva scontento e anche alla fine di un ciclo, abbiamo ideato un attacco senza egoismi, con tanti finalizzatori: e così sono arrivati Callejon, Mertens e gli altri. Con Mazzarri c’era il timore di inserire i nuovi, a esempio Vargas, che in Spagna, dove ora gioca in prestito, ha subito collezionato un gol e un assist. Da noi è stato un fantasma: l’abbiamo pagato molto perché era il Pallone d’argento sudamericano ».
INVITO – Il Sudamerica: la terra di Diego. Il mito che De Laurentiis, dopo un cameo in un film sui tifosi del calcio e un paio di fugaci strette di mano, ha incontrato mercoledì al San Paolo in occasione della semifinale. Di certo lo avrà invitato anche alla finale dell’Olimpico, c’è da scommetterci, ma nel frattempo gli ha regalato la 10 azzurra di oggi, un pezzo unico e non replicabile, e poi gli ha dato appuntamento a chissà quando. Non tardi, però, sembra di capire: « Diego ha avuto questi problemi con il fisco e, finora, è stato difficile incontrarsi. Io credo che possa essere un fantastico ambasciatore: negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Sudamerica e in Oriente ». Ovunque. E sempre: Diego Armando Maradona. Il Napoli.
Fonte: Corriere dello Sport
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