I pezzi del puzzle cominciano ad incastrarsi. Io di qua, tu di la, anche senza necessariamente urlare il proprio credo. E se Galliani, fedele all’asse Lotito-Beretta-Tavecchio, rimanda tutto al prossimo 17 luglio ( «Della corsa alla presidenza della Federcalcio ne parleremo in Assemblea di Lega» , programmata proprio per mercoledì prossimo) e Barbara Berlusconi, che ha già chiarito la sua linea (al motto di largo ai quarantenni), non intende macchiare la giornata dedicata ad Inzaghi «assolutamente positiva per il Milan e tale deve rimanere» , ai no-Tav si iscrivono di diritto – pure se qualcosa si era già capito, e non ci voleva molto per farlo – anche il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, e quello della Roma, James Pallotta. Entrambi in maniera ufficiale, entrambi per il rinnovamento, per il cambiamento, senza «rattoppare» , ma arrivando all’origine del male, attraverso personaggi «distanti dalle logiche» che ci hanno portato a questa crisi. Insomma, un taglio netto con il passato, un’apertura di credito verso un futuro diverso da quello che ha caratterizzato gli ultimi anni. Una indicazione della quale chiunque si candidi (e la Lnd ha dato ampia libertà a Tavecchio per fare un giro d’orizzonte con le altre componenti) dovrà tenerne conto.
Rinnovamento. Lo chiede la Roma, con una nota, firmata JP, James Pallotta, presidente del club giallorosso. Lo chiede il Napoli, attraverso le parole del suo presidente, Aurelio De Laurentiis, che invoca addirittura l’aiuto di Renzi e Delrio, Presidente del Consiglio e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega allo sport. «La Roma è a favore dell’assoluto rinnovamento di governance, regole e uomini che fino ad oggi hanno gestito il calcio italiano» scrive Pallotta, gli americani hanno diversa cultura, diversa visione dello sport, business certo ma c’è dell’altro e basta vedere i loro palazzetti, i loro stadi, le loro arene, piene sempre. Basta vedere dove sono arrivati ai Mondiali con la Nazionale guidata da Klinsmann, loro che il soccer lo piazzano dietro baseball, basket e football, non necessariamente nell’ordine. Pallotta elenca anche i mali del calcio che è diventato anche suo: «Perdita di credibilità ed interesse sul mercato domestico e ancor di più su quello internazionale» . Ecco perché non vuole più sentir parlare di chi è stato nella stanza dei bottoni fino ad oggi. «Riteniamo che la soluzione delle problematiche debba essere affidata a personaggi autorevoli e indiscutibilmente distanti dalle logiche che fin qui non hanno prodotto soluzioni» .
Commissario. De Laurentiis allarga gli orizzonti, abituato com’è a guardare lontano. «Le parole di Macalli (durissimo contro Andrea Agnelli, ndr)? Non entro nel merito delle dichiarazioni altrui. I Mondiali hanno dimostrato che è stato toccato il fondo, che non funziona nulla. La legge-Melandri si è dimostrata un limite per la competitività in europa. Confido in Renzi e Delrio, studino loro i correttivi alla base del rilancio del calcio. Non giudico chi si candiderà, bisogna smettere di colpevolizzarsi a vicenda. Il nuovo presidente deve essere elegibile solo se esiste un programma firmato col sangue e appoggiato da tutti. Non ho candidati, non sarebbe corretto. Non sono un visionario, ma ho una…. vision. Serve un presidente moderno, giovane come testa, pronto ad aprire le porte ad un futuro a cui nessuno ha aperto le porte finora. Ricominciamo da zero, senza paura, Germania e Inghilterra l’hanno fatto con successo». Il nuovo che avanza non può prescindere dalla riforma dei campionati: «E’ fondamentale, una serie A con 20 squadre è impossibile. Resto sempre dell’idea che 16 sia il numero perfetto, con una sola retrocessione dopo lo spareggio fra l’ultima della a e la prima della B. Gli stranieri? Noi siamo un villaggio globale che appartiene al mondo, sono per la libertà di tesseramento in A ma in B e Lega Pro solo italiani, con una cura particolare per i vivai. Ci vorrebbe un commissario, ma non è possibile. Così come non lo sono né paliativi, né toppe».
Fonte: Corriere dello Sport
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