Forse perché la condizione fisica si sfalda, e in quelli che hanno tirato la carretta si comincia a far strada l’affanno e l’appannamento; forse perché molti sono costretti a giocare fuori ruolo, fuori modulo e fuori ogni ipotesi di conferma, e questo naturalmente incide sulle prestazioni. O forse, anzi più probabilmente, perché certe volte i sentimenti prevalgono, e cuore, stomaco e fegato hanno la meglio sul cervello. Partita di sentimenti, ieri. E quindi, dieci, cento partite che si sviluppano ognuna per fatti suoi, anche in contrasto tra loro. I sentimenti di Zapata detto Duvan, centravanti dal fisico del wrestler privato del proprio cognome sulla maglia dall’istinto di comunicatore del presidente che conosce, con quel nome, solo difensori. Un gigante nero che nemmeno sembrava tanto tagliato per il calcio, un armadio a due ante inadeguato per i più a sostituire il campione argentino. Ebbene, il ragazzo sfodera due gol, una prestazione assai più che sufficiente e un sacco di sportellate con i disperati difensori avversari, finché esce coi crampi derivanti dalla lunga disabitudine al prolungato terreno di gioco. Continua a essere inadeguato e acerbo, per carità: ma la griffe sulla partita ce l’ha messa, eccome. Un bel sorriso, Duvan; e viva Zapata, come da titolo del meraviglioso film di Elia Kazan del ’52 con Marlon Brando. Non sarai bello come l’attore americano, ma ci piaci lo stesso. Sentimenti. Come quelli di Henrique, arrivato tra perplessità e mugugni, simbolo di un mercato invernale sottotono, e invece rivelatosi un abito per tutte le stagioni, centrale difensivo, centrocampista, esterno e infine autore di gol epocali, un Van Basten in maglia gialla con le orecchie del coniglio che ha tirato fuori dal cilindro; la classe che non ti aspetti, un titolare da conservare. Il piede è sempre brasiliano, d’altronde. Sentimenti catanesi, una squadra piccola e povera nel primo tempo, imbarazzante nella resa, e un’arrembante banda disperata nella ripresa, in grado di mettere alle corde una difesa che spesso a mettersi alle corde ci pensa da sola. Che tristezza, lasciare la serie A così; e che tristezza per i tifosi azzurri, essere consapevoli che gente come Britos possa essere schierata titolare in qualsiasi gara, per facile che sembri. Sentimenti tra i pali, da un lato un Reina giustamente furioso per le figure barbine che è costretto a fare per l’insipienza dei propri compagni di reparto; e dall’altro il poverissimo Andujar, già azzurro in pectore e futura riserva, e tutti speriamo che non sia quello visto ieri, drammatico nelle proprie amnesie. Immaginatelo a completare il reparto mal messo che abbiamo, non ci sarebbero attaccanti in grado di bilanciare la compagnia comica che avremmo nella nostra area. Fortuna che c’è un’intera sessione di mercato per cercare di confermare il portierone spagnolo e di prendere un altro paio di centrali difensivi. Sentimenti dagli altri campi, con un Milan inaspettatamente (o forse no) corsaro a Firenze, che rimette i viola al loro posto cioè quello di sabato scorso, dieci punti dietro con due partite in meno alla fine. E la Roma che vince all’ultimo sospiro col mediocre Toro, e la Juve che perde Tevez. Sentimenti in panchina, finalmente un Benitez a chiazze di rabbia, speriamo che lo shampoo ai calciatori negli spogliatoi sia stato lungo, forte, caldo e soprattutto indimenticabile. Perché domenica sera, con in palio il sogno residuo del secondo posto, non c’è il Catania ma la squadra che sta abbattendo senza pietà qualsiasi record di punti, vittorie, gol presi e gol subiti dal dopoguerra a oggi. Ma domenica sera c’è il San Paolo. E al San Paolo, in queste partite, è tutta un’altra storia.
Fonte: Il Mattino
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