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de Giovanni: “Tutte le vittorie sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre, Orwell docet”

Sappiamo bene che, ad onta di quello che dichiarano in ogni intervista gli allenatori, i direttori sportivi e gli stessi calciatori, non tutte le partite sono uguali. D’accordo, più di tre punti non si possono portare via; è vero, alla fine si contano i risultati e a quel punto ogni singola vittoria pesa esattamente quanto le altre. Ma ci sono campi dai quali uscire indenni è molto, molto difficile, e lo sa bene la celebrata Juventus campione d’Italia (speriamo) uscente, che alla fine della prima frazione di gioco era addirittura in doppio vantaggio e poi ne ha presi quattro di fila. Vogliamo proprio vedere chi tornerà dal Franchi a bottino pieno, in questa stagione. È per questo che, se ammettiamo che tutte le partite sono uguali, questa in cui il Napoli è andato a vincere a Firenze è stata certamente più uguale delle altre, come diceva Orwell. E se non vigesse questa ingiusta regola, che ogni singolo gol vale solo uno nel punteggio, assai più larga sarebbe stata la vittoria; perché i due gesti tecnici che hanno portato alla vittoria gli azzurri sono stati semplicemente splendidi.

Conta davvero che siano belli, i due gol? Sì, conta davvero. Perché se la squadra mette due volte due gli attaccanti davanti alla porta avversaria e non riesce a segnare, com’è stato per esempio a Roma, quando Pandev e Insigne non hanno capitalizzato le occasioni, allora si perde; invece, se il Pipita inventa uno stratosferico assist di esterno e Callejon fa il Van Basten, e se Mertens sembra uno in motorino in mezzo ai lampioni difensivi viola, allora si vince. Eccome, se si vince. E la vittoria cancella la mancanza del Matador, facendo anzi riflettere sul fatto che assist come i due sfornati da Higuain forse l’uruguaiano non li avrebbe fatti, e che il team dei titolarissimi di Mazzarri non si sarebbe mai privato degli stanchi Hamsik e Insigne.
E nel frattempo? Nel frattempo centrocampisti e difensori fanno a gara a chi fa più falli in area, veri e falsi; l’arbitro ragazzino fa il protagonista, sventolando gialli a vanvera e poi è costretto a passare ai rossi; i viola fanno il tiki taka, mostrando quantità e qualità e deficienza di centravanti; e Reina fa il centrocampista in palleggio e il gran portiere tra i pali, sulle incursioni del connazionale con la sua stessa pettinatura Borja Valero e su Pepito, battuto dal Pipita. Bene. Davvero bene.
E tuttavia non finisce qui, la bella serata azzurra in terra fiorentina. Perché anche stavolta il Festival del Cretino ha molti concorrenti, che nell’imbarazzato silenzio dei telecronisti e nella colpevole indifferenza dei sei arbitri si producono nelle usuali incitazioni al Vesuvio di lavarci col fuoco e nell’innovativo, blasfemo insulto all’innocente San Gennaro. Ci chiediamo con malinconia cosa avrà pensato il napoletanissimo Montella sulla panchina viola, ascoltando l’orchestra dei cretini che suonava la sua canzone; e ci chiediamo per quanto ancora dovrà durare questo sconcio, appoggiato e avallato dalla federazione dei presidenti ostaggio di queste frange di ottusi delinquenti.
Nessuna nuvola sulla vittoria azzurra, per carità: anzi, se possibile una ancora maggior soddisfazione per una vittoria così; perché nelle stagioni normali un match come questo, dieci volte su dieci, con un’espulsione a carico e in evidente affanno tecnico, si perde. Nelle stagioni normali.
Ma questa, forse, non è una stagione normale.

Fonte: Il Mattino

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