Non c’è che dire: quando il pubblico si stringe attorno alla squadra, e questa decide unilateralmente di prendere coscienza di se stessa e della propria forza, è tutta un’altra storia. Eppure anche stavolta si era messa maluccio, con il consueto schiaffo preso a vanvera dopo cinque o sei occasioni mancate, col solito avversario lasciato libero di prendere la mira e di tirare. Ma nessuno al San Paolo, e nessuno davanti agli schermi, ha pensato che potesse finire male: troppo il disvalore tra la prima linea in giallo e la difesa rossonera, tagliata come il burro in ogni occasione; e ieri sera c’era anche gente come Inler che aveva preso una decisione: dimostrare di essere il capitano di una compagine che si giocherà il mondiale in Brasile, e di essere ancora in grado di fare la differenza.
Il tifoso, che pure ha giocato una gran partita sospingendo i propri ragazzi sulle ali di un costante, tangibile entusiasmo, aveva di che lustrarsi gli occhi al cospetto, oltre che dello svizzero, di un Jorginho in straordinaria crescita, di un Mertens ancora più frizzante del solito, di un gigantesco Pipita nei panni di un Re Mida col tocco magico nei piedi. Tutta un’altra storia, rispetto alla triste serata bergamasca e anche un ulteriore passo avanti rispetto al pur buono mercoledì romano, proprio nel momento giusto, quando il fiato viola sul collo era diventato fastidiosissimo.
A questo proposito, lasciate esprimere al tifoso una perplessità, anzi due. La prima: è proprio necessario tentare di battere i record di autolesionismo che pure ci appartengono, esponendo quel malinconico, ingiusto e stupido striscione in curva per contestare il presidente? D’accordo, anche su queste colonne abbiamo espresso dubbi in merito alla campagna di rafforzamento di gennaio, che ci aspettavamo più incisiva e forse più veloce, con due acquisti su tre completati l’ultimo giorno. Ma è anche vero che Jorginho e Ghoulam hanno dimostrato di poter tranquillamente dire la loro, e dirla forte, già da subito, e nessuno sa abbastanza di Henrique per poter avere dubbi fondati. Viene da pensare che possano esserci altre motivazioni, di chissà quale natura, che portano qualche gruppo organizzato a orchestrare una contestazione che appare assolutamente insensata.
La seconda perplessità: l’atteggiamento della comunità dei commentatori, soprattutto sui canali delle costose, professionali e onniscienti pay tv. Questi signori, peraltro senza mai usare un congiuntivo che sia uno, continuano a definire fallimentare il campionato degli azzurri, criticandone in maniera fastidiosamente sussiegosa il gioco, le scelte dell’allenatore, il colore delle maglie e perfino il modo di vincere attaccando senza sosta; preferiscono starsene là, con la faccia di circostanza, a discettare al capezzale dei Grandi Malati del calcio italiano, rossoneri e nerazzurri, guardandosi bene dal celebrare le belle vittorie degli altri.
Sembra francamente ridicolo questo modo di fare, tanto più quando a essere schiantato è il reclamizzato nuovo Milan di Seedorf della scintillante campagna di gennaio, che tutto il sistema calcio vorrebbe presto di nuovo in sella al campionato. Invece, cari signori, illividite pure: a vincere è lo scomodo Napoli, quello che avrebbe fallito il campionato essendo in piena corsa per tre obiettivi ancora, al primissimo anno di un nuovo progetto tecnico che, ne siamo certi, produrrà immense soddisfazioni. E poi, cari signori, potrete anche far finta di non accorgervene: ma quando il miglior pubblico d’Italia, l’unico senza cori ottusi e beceri insulti, si raccoglie con la propria forza immensa attorno ai propri ragazzi, allora non ce n’è per nessuno. Come diciamo noi, è tutta ‘n’ata storia. Era la prova generale. Mercoledì torniamo in scena.
Fonte: Maurizio De Giovanni per Il Mattino
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