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Daniel Bertoni: «Benitez è bravo ma a Napoli contano solo le vittorie»

«Cavani? È un campione, ma a certe cifre va ceduto. L’ideale per gli azzurri sarebbe il Kun Aguero»

A Napoli arrivò all’inizio del ciclo Maradona. Presero un argentino, si disse, per facilitare l’ambientamento in Italia del Pibe de oro. E non ingaggiarono uno a caso: non solo perché Daniel Bertoni era andato vicinissimo allo scudetto con la Fiorentina di Antognoni, «battuto» soltanto da un rigore di Brady all’ultima giornata, ma anche perché Allodi e Ferlaino portarono in azzurro un eroe d’Argentina (e del giovane Diego), autore di uno dei tre gol nella memorabile finale dei Mondiali contro l’Olanda nel 1978.
Bertoni, c’era una volta Napoli provincia d’Argentina.
«Però per tutti noi è una città speciale che consigliamo a tutti i giovani campioni: l’ho detto anche al piccolo Aguero, quando muoveva i primi passi con me all’Indipendiente: se hai la possibilità, devi giocare a Napoli».
Lei del Kun è stato uno dei primi allenatori.
«Lo adoro, perché è un ragazzo d’oro, pulito. Uno di quei giocatori su cui si può fare sempre affidamento».
A Napoli si parla di Higuain…
«La Juventus mi sa che ha fatto prima… Ed è un bel guaio per il Napoli perché il divario con i bianconeri diventa sempre più grande. Credo che in questo momento, sarà difficile colmare le distanze: per lo scudetto vedo molto avanti la Juve, ma il Napoli è subito dietro».
Soprattutto se dovesse andar via Cavani?
«Beh, io non avrei dubbi a venderlo. Non avrei alcuna esitazione anche se non mi pagassero per intero la clausola: è un’occasione unica anche perché se poi a Cavani capita una stagione storta quei soldi non li incassi più».
Con il Napoli il Matador ha segnato 104 gol.
«A Napoli ha trovato il suo clima ideale e non è cosa semplice. Prendete Forlan, che forse è uno dei più forti attaccanti uruguaiani della storia: in Italia non è mai esploso, anzi per voi non è neppure un fuoriclasse. Perché la serie A non è il campionato più bello al mondo ma è solo il più ostico, il più combattuto».
L’unico argentino ”napoletano” è Fernandez.
«In Spagna e con la maglia della Seleccion ha mostrato di essere un marcatore spietato, molto forte fisicamente e di testa. Sui calci piazzati è pericoloso anche in attacco, però in Italia ha deluso ed è inutile girarci intorno. Poi lui è abituato a giocare nella difesa a tre: non so con Benitez come se la caverà».
Il nuovo allenatore ama molto lo spettacolo.
«Se punta sul gioco e non sul risultato ha sbagliato Paese e ha sbagliato città. Io amo Napoli, ho vissuto due stagioni entusiasmanti ma all’inizio della prima stagione in azzurro, quando i risultati non arrivavano, ricordo le critiche e le proteste della gente. Non c’è pazienza e quindi nessuno dà il tempo di crescere».
Questo Napoli inizia un ciclo come lo iniziò lei nel 1984 con Maradona?
«È vero, anche noi avevamo un allenatore nuovo (Marchesi, ndr) e un gruppo molto rifondato. Ma quel Napoli veniva da alcune stagioni drammatiche, con la salvezza conquistata all’ultima giornata. Questo Napoli invece è reduce dal secondo posto, giocherà di nuovo la Champions: se conosco i tifosi del Napoli vorranno vincere lo scudetto… Lo volevano già vincere con noi, figurarsi adesso. Ma loro sono l’arma in più di quella squadra. Fantastici e indimenticabili».
L’anno che arrivò lei, il mercato del Napoli fu scintillante?
«Una vera rivoluzione, come d’altronde succederà quest’anno se andrà via Cavani. Con una differenza: quel Napoli comprava il meglio che c’era in giro, questo non lo ha ancora fatto. Ma De Laurentiis non deluderà, ne sono certo. Ma mi dicono che ha competenza ed entusiasmo. Un mix perfetto».
Benitez vale un top player?
«Non va in campo. Io sono stato anche allenatore ma penso di aver avuto più peso quando facevo gol con le mie punizioni che con le mie scelte in panchina».
Se va via Cavani, lei chi consiglia?
«Aguero sarebbe l’ideale ma non credo che si muova dal Manchester City. Benitez saprà scegliere per il meglio: per quello che so è uno che si occupa del mercato in prima persona».
Tra i nomi che si fanno c’è quello di Mascherano.
«Javier fa la differenza: piedi buona, grande testa, talento, leadership. Ma il Barcellona non lo mollerà così facilmente».
Per lei l’Independiente è sempre una specie di seconda pelle?
«In questo momento sto facendo di tutto per prendere la sua gestione: voglio diventarne il presidente».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

M.V.

 

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