Il red, il nero: e la memoria che si attorciglia in quel biennio fantastico, vissuto meravigliosamente sull’asse Liverpool-Milan. Le emozioni sono cerchiate sui calendari della storia d’un calcio intramontabile, pagine che si sfogliano con dita inumidite dal sudore d’indimenticabili «battaglie» e il cuore che si scatena dinnanzi ai fotogrammi mai ingialliti, vivi per l’eternità. Benitez, Seedorf: ce n’è abbastanza per tuffarsi dolcemente tra le braccia avvolgenti della nostalgia e lasciarsi cullare (o anche un po’ maltrattare) dalla malinconia, perché Napoli-Milan è adrenalina allo stato puro, è un flash accecante che trascina dal 5 maggio del 2005 sino al 23 maggio del 2007, è un braccio di ferro ad oltranza che illanguidisce e però avvince sino al san Paolo. E’ il calcio, insomma, nella sua dimensione più intrigante, nello scintillante festival di finali Champions impresse nella carne ancor prima che nella testa, nel duello ora ravvicinatissimo (quanto distano due panchine?) che Benitez e Seedorf riavviano sulle note d’un revival bipartisan, né vincitori e né vinti, perché si riparte da 1-1.
ROSSO … – Il red, of course: e guai pensare, magari al 45′ di una Istanbul ormai bardata a festa italiana, che nulla vada più e che il gioco sia fatto, anche se nell’intervallo è 3-0 per il Milan con persino i turchi convinti che gli dei siano scesi a patti con il Diavolo. Ma la brutalità del calcio è nell’imprevedibilità dell’effetto d’un pallone imbizzarrito, in sei minuti che diventano leggenda e però anche tormento ed estasi con un 3-3 surreale: Gerrard, Smicer, Xabi Alonso, prima che sulla Champions allunghi le mani tale Dudek, per smistare poi il trofeo a Rafa. That’s incredible, sir.
…E NERO – Il poster resta Istanbul, l’esaltazione del germe della follia (in un senso, nell’altro), il capolavoro costruito dal Liverpool di Benitez e quello (contemporaneamente) demolito dal Milan di Ancelotti (e Seedorf), un romanzone non unico però assai raro. Ma nulla è per sempre e c’è un’Atene che illumina, irradia energia fresca, cicatrizza la ferita: è nel segno di Pippo Inzaghi ma sa di rivincita collettiva, perché la Champions è di ognuno, è la liberazione da una maledizione, la rimozione di quel senso di frustrazione che galleggia nel Bosforo.
A NOI – Benitez e Seedorf son gli opposti che s’attraggono in quella visione (convergente) del calcio, nella sintesi rappresentata dal sistema, 4-2-3-1, nella diversità indiscutibile delle proprie esistenze, l’una formatasi e dorata dispensando formule magiche tra Valencia, Liverpool e Londra e l’altra guarnita (però per il momento in campo) e nell’onirica immensità ritagliatasi tra l’Ajax, il Real Madrid ed il Milan, brindando di gusto con una Champions tridimensionale. Il red, il nero: ci vorrebbe Stendhal…
Fonte:Corriere dello Sport
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