Il calcio italiano ne aveva viste di tutti i colori ma Salernitana-Nocerina rappresenta un punto mai raggiunto fino a domenica scorsa. Guai, però, a trattarlo come un caso isolato, a ridurre tutto alla storia di una banda di balordi che ha fatto in modo che una partita di calcio non si disputasse. I fatti di Salerno sono l’iceberg di un mondo alla deriva, ricco di problematiche mai risolte e che paga anche gli errori del passato. Per anni il potere degli ultras cresceva a dismisura, alcune società cercavano anche di gestire il dominio delle curve con accordi sottobanco e strategie condivise, superando i limiti del pacifico e positivo dialogo tra appassionati e dirigenti. La violenza negli stadi faceva grandi danni ma lo Stato attutiva, minimizzava un fenomeno che poi ha raggiunto punte inaccettabili come il derby di Roma del 2004 o l’uccisione di Raciti in occasione di Catania-Palermo. Da quel momento la gestione delle partite di calcio è radicalmente cambiata; è stata introdotta la tessera del tifoso e sono stati più volte applicati provvedimenti restrittivi per le partite di calcio, dalla Serie A ai Dilettanti. Le trasferte sono entrate nel mirino, ormai l’esodo del tifo organizzato è diventato un rituale di pochissime gare. Il problema è molto complesso, bisogna affermare che la situazione rispetto agli anni scorsi è migliorata, gli episodi di violenza sono fortemente diminuiti. Si registra l’ìncapacità delle istituzioni di trattare il calcio nella sua globalità; parliamo di un fenomeno che perde credibilità tra calcioscommesse e disastri di ampio raggio. La situazione è drammatica dalla Lega Pro in giù, con campi chiusi, assenza d’introiti e il contatto costante con l’illegalità.
Negare la trasferta ai tifosi nocerini muniti di tessera del tifoso a Salerno è stato un errore, che ha acquisito il significato di una provocazione ottima per chi trascorre la sua vita dando dimostrazione di prepotenza, ha nel proprio vissuto la violenza come stile. Le “vie di mezzo” non servono, o si prova la strada del coraggio delle porte aperte per tutti nell’ambito delle regole o le partite a rischio è meglio giocarle senza pubblico sugli spalti.
Gli errori nella gestione dell’ordine pubblico non giustificano lo squallido teatrino andato in scena allo stadio “Arechi” di Salerno con dirigenti ed allenatori completamente piegati alle minacce della tifoseria rossonera. Piuttosto che il pugno di ferro, bisogna riflettere molto su quanto avvenuto e capire le metastasi del mondo del pallone; senza un’accurata diagnosi non si può fare bene l’analisi. Serve ridare credibilità al calcio anche in Serie A. Allo Juventus Stadium abbiamo assistito al solito repertorio razzista di cori contro Napoli e i napoletani, a cui si è aggiunta anche la triste ironia bianconera con la raffigurazione del Vesuvio che erutta e lo striscione “E ora ridiamoci sopra, Vesuvio lavaci col fuoco”.
La curva bianconera era stata già squalificata ma la sanzione era stata sospesa con l’avvertenza che, se durante tale periodo sarà commessa analoga violazione, la sospensione sarà revocata e la sanzione aggiunta a quella comminata per la nuova violazione. In altri Paesi sarebbe impensabile il teatrino scatenatosi in questa stagione su questi argomenti dopo che per anni il razzismo era stato metabolizzato come sfottò, fino alla richiesta della Uefa di usare un pugno un po’ più duro. Il calcio italiano deve scegliere senza ipocrisia e soprattutto senza farsi sopraffare dagli interessi di parte cosa vuole fare: combattere ogni forma di razzismo o tenersi il mondo del pallone così com’è, metabolizzando anche gli insulti e le discriminazioni come ironici sfottò. E’ il momento di decidere e di prendersi le responsabilità, cosa che in Italia fanno in pochissimi.
Fonte: Ciro Troise per “Il Corriere del Pallone”
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