NAPOLI – Ritorno al futuro e però anche al passato, alle origini (che poi così lontane non sono) e a un calcio mandato a memoria in giovinezza ma anche recentemente. Ritorno alla difesa a quattro, che per un po’ è sembrata un demone e che invece è una normalissima pratica già eseguita agli inizi della propria carriera e anche nell’emergenza, utilizzata da Mazzarri per risistemare il «suo» Napoli, per verificarlo in condizioni diverse e restiturgli quell’equilibrio evidentemente perduto in talune circostanze. Il ritorno di Maggio, insomma: e dal Brasile, è un ritorno veemente, prepotente, che scaccia via qualsiasi perplessità, che riconsegna all’immaginario collettivo la freccia azzurra. Merito non solo di una traversa con stacco aereo imperioso (una delle specialità delle ditta), ma anche di una prestazione di spessore, di carattere, frenando Neymar, limitandolo, tenendolo.
A TRE – Sembrava ormai solo quello il «suo» calcio: tutta colpa (bisognerebbe dire merito) di una serie di annate straripanti, la più ruggente delle quali a Genova, nella Sampdoria di Mazzarri, che gli dà la possibilità di segnare nove reti. Maggio scopre questa sua vena prolifica, atterra a Napoli (con Reja, il maestro) e resta su livelli altissimi: si tiene la Nazionale, cade e si rialza con un infortunio che avrebbe abbattuto chiunque altro, impiega persino cinque mesi per rientrare – invece dei sei e mezzo previsti e finisci addirittura per far scivolare Zuniga (acquistato per aspettarlo con tranquillità) in panchina.
IL REGISTA – Ma sì: a modo suo Maggio è un regista laterale nel contesto del 3-5-2, perché Mazzarri sviluppa il proprio calcio sulle corsie ed il vicentino diviene l’epicentro di quella manovra. Lui accelera come e quando gli pare e per centocinquantaquattro partite, tutte quelle consumante nel suo quinquennio arricchito da venti reti. Poi nulla è per sempre, men che meno la condizione di chi è costretto ad andare su e giù per il campo e l’ultimo Maggio, avendo abituato sin troppo bene, ha avvertito il disagio che si prova nello scoprire che forse c’è qualche pregiudizio: ma la stima è rimasta innata nell’ambiente, per Prandelli è rimasto uno dei titolarissimi della sua Nazionale e in Confederations ha ritrovato il sorriso.
DUBBI – La difesa a quattro, che poi rimane quella in assoluto più usata nell’universo calcio, ad un certo punto è divenuta leggenda metropolitana e quasi è sembrata inarrivabile: però Maggio ci ha giocato, eccome, pure nel napoli che Mazzarri ha cominciato a mescolare spesso e voletieri (a partita in corso e non solo); e se Benitez cercava risposte – che in realtà si era già dato, avendo seguito al dvd le prestazioni degli azzurri – il match con il Brasile ha contribuito, dopo qualche difficoltà emersa nella gara con il Giappone: Maggio s’è tolto di dosso qualsiasi peso, s’è opposto a Neymar, l’ha ammorbidito, ne ha subito una simulazione ch’è valso il 2-1 per i Sudamericani, però ha retto, è ripartito (dal basso) ed è rimerso (verso l’alto). Destinazione Dimaro, dove si ripartirà il tredici luglio. Lui non ci sarà, perché ha diritto alle vacanze: non con il fisico, ma con la testa. Proiettata alla difesa a quattro di Benitez per il quale ha studiato ancora.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
L.D.M.
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