L’ingegnere . Lo stadio si chiamerà Allianz Parque, è stato costruito da un’impresa diretta da un ingegnere di origine italiana, Walter Torre, che gestirà i diritti dell’impianto per trent’anni. Proprio l’ingegner Torre avrebbe accolto con favore l’idea di ospitare la supercoppa italiana nella casa del club nato per mano di immigrati italiani. Il club Palestra Italia, poi diventato Palmeiras, fu la naturale conclusione di una febbre calcistica che unì gli immigrati. Prima del club verdao c’erano piccole società che richiamavano la terra d’origine: l’Athletico Italia, l’SC Fiorentina, il Centro Recreativo Sportivo Piemonte, l’Sc Savoia.
A venticinque chilometri di distanza, divisi dall’Avenida Radial Leste, c’è l’Arena Corinthians, l’inferno in terra. Giovedì ospiterà la prima partita dei Mondiali, Brasile-Croazia, ma nessuno sa in che condizioni: è un cantiere confuso, storto, calcinoso, non c’è un solo ingresso completato e mancano fermate di autobus e metro. Nella casa del Palmeiras, invece, sono in linea con i tempi di consegna: lo stadio è completo al novanta per cento, verrà inaugurato ad agosto come da programma. La vice prefetto di San Paolo, Nadia Campeao, è rimasta stupefatta. Non ci sono stati sprechi, slittamenti, non risultano scandali per corruzione: l’impianto ospiterà 43.600 spettatori (ampliabile a 49 mila), con 160 suite, ristorante panoramico, negozi, centro convegni e posti per duemila auto. Le squadre avranno a disposizione spogliatoi da trecento metri quadrati. Attorno allo stadio, raggiungibile con autobus e metro, c’è la Polisportiva Palmeiras con piscine, campi di basket e volley. Tutto questo in quattro anni di lavoro, buttando giù il vecchio impianto per tirare su quello nuovo come fosse una mano di vernice. Nonostante per efficienza non esista luogo più lontano dall’Italia dell’Arena Palmeiras, Juve e Napoli si sentirebbero a casa solo a leggere i nomi delle strade intorno. A cominciare da Rua Conde Francesco Materazzo, l’industriale che all’inizio del Novecento chiese ai suoi amici, i Ragognetti, i Cervo, i Simone, se non fosse arrivato il momento di creare qualcosa che avrebbe rappresentato gli italiani. Una squadra di calcio con pantaloncini e calzettoni bianchi e maglia verde bordata di rosso.
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