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Dai fischi al sogno mondiale. La parabola di Insigne, l’allievo di Zeman fortemente voluto da De Laurentiis

Talento naturale, carattere, voglia di arrivare. E se a questo aggiungiamo anche la fortuna di capitare con tre maestri di calcio, Zeman, Benitez e Prandelli, ecco spiegata l’esplosione di Lorenzo Insigne, ragazzo di periferia pronto a volare in Brasile per vivere il primo mondiale della sua carriera. A giugno compirà ventitré anni ma ha già tanto da raccontare. Insigne è il fiore all’occhiello del Napoli ma anche l’esempio per tanti giovani del nostro Paese che sognano di sfondare nel calcio. Ha resistito alle critiche più aspre, superato i fischi di una parte del pubblico del San Paolo, dribblato ostacoli di ogni genere. E giorno dopo giorno ha cercato di mettere in pratica i consigli che gli venivano forniti da Zeman prima e Benitez poi, accettando, infine, con umiltà le decisioni del ct Prandelli. Oggi Insigne, che si è conquistato sul campo l’appellativo di «Magnifico», ha completato il suo bagaglio tecnico con la capacità di rendersi prezioso anche in fase passiva. Un novello Bruno Conti, capace di offendere e difendere, abile nell’uno contro uno, micidiale con le sue traiettorie alla Del Piero, tempestivo nel servire assist al bacio per i compagni. Per ora si è guadagnato l’ingresso nella lista dei «trenta». Ma sente il Brasile vicino, più vicino di quanto si possa pensare. Nonostante la giovane età può esibire un biglietto da visita impreziosito da caratteristiche tecniche che pochi altri possiedono. Attaccante eclettico, duttile, moderno. In grado di trasformarsi da suggeritore ad attore in un attimo. Pronto a sacrificarsi da centrocampista aggiunto e persino ad arretrare fino alla linea di difesa se occorre. E per chiudere: la sfrontatezza necessaria per reggere anche a livello internazionale. Come dimostrano il primo gol realizzato con la maglia della nazionale nell’amichevole con l’Argentina o anche le reti siglate in Champions (al Borussia Dortmund) e in Europa League (alla Swansea).

DA ZEMAN A BENITEZ. Dai tagli e gli inserimenti offensivi appresi durante i due campionati disputati nel quattro-tre-tre di Zeman (promozioni con Foggia e Pescara), alle diagonali ed ai ripiegamenti memorizzati nel tridente schierato da Benitez a ridosso di Higuain. Insigne ci ha messo tanto di suo per migliorare sul piano tattico ed anche su quello fisico. Come un alunno modello, si è applicato con umiltà ed intelligenza. E come un allievo disciplinato si è poi messo a disposizione di Prandelli. Oggi Insigne si sente pronto per sostenere l’esame di laurea per un calciatore, quello di un Mondiale. Continua a prepararsi con lo scrupolo di sempre. Già essere rientrato nei «trenta» rappresenta una gratificazione non da poco per lui. Ma l’ambizione resta forte.

STATO DI GRAZIA. Quello che sta per concludersi è stato il campionato più sofferto per Insigne ma anche quello della definitiva consacrazione. Ebbe ragione Zeman nel suggerire a De Laurentiis di riportare subito a casa quel ragazzo talentuoso e lanciarlo in serie A. Ha avuto ragione Benitez nel plasmarlo e mandarlo sempre in campo anche a dispetto di qualcuno. Insigne ha collezionato cinquanta presenze complessive per un totale di 3201 minuti giocati. Ha realizzato tre gol in campionato, due in Champions, uno in Europa League e tre in Coppa Italia ma soprattutto ha fornito dieci assist (9 in campionato, 1 in Champions). Dopo un periodo di rigetto, è esploso con l’arrivo della primavera, risultando decisivo anche per la conquista della Coppa Italia: doppietta proprio sotto gli occhi del ct Cesare Prandelli.

Fonte: Corriere dello Sport
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