Per la prima volta nella sua carriera l’allenatore ha affrontato 22 gare in 4 mesi. Decisivo l’apporto di Aronica e altri giocatori già guidati dal tecnico. L’incremento economico collegato alla crescita tattica e tecnica del gruppo
Seguo Walter Mazzarri da un po’ di anni e posso dire che ha sempre lavorato su gruppi ristretti di giocatori puntando sulla responsabilizzazione e la motivazione massimale dei singoli coinvolti direttamente nel progetto tecnico.
Non si era forse mai ritrovato, però, a giocare tante partite e a così alto livello come in questa stagione, ma nonostante ciò il suo approccio non sembra essere cambiato di molto.
I numeri non ingannano e partendo da questi possiamo capire le gerarchie chiare e oggettive stilate da Mazzarri per gestire il proprio gruppo. Semplicemente mettendo in fila i giocatori per minuti giocati in campionato si può dividere la rosa in 3 tronconi abbastanza netti.
Ci sono 9 elementi che hanno giocato, nelle prime 16 giornate, più di 1000 minuti. Sono gli intoccabili, in ordine decrescente: De Sanctis, Cavani, Campagnaro, Cannavaro, Maggio, Inler, Aronica, Hamsik, Lavezzi.
Ci sono poi gli interscambiabili che hanno giocato oltre 600 minuti: Dossena, Gargano, Zuniga, Dzemaili, Pandev. Queste sono pedine che Mazzarri comunque ritiene affidabili e che discrimina in funzione delle specificità della gara.
Seguono minutaggi inferiori per le riserve: Fernandez, Santana, Fideleff, Mascara, Lucarelli, Grava, Chavez. Questi sono utilizzati solo in caso di squalifiche, infortuni o turn-over forzato. Ci sarebbero poi i lungodegenti Donadel e Britos che i tifosi sono curiosi di vedere in campo nella seconda parte della stagione.
Tutti i giocatori del primo gruppo hanno vissuto per intero o quasi l’era Mazzarri, per cui da oltre due anni ne assimilano schemi e mentalità. Le eccezioni sono Cavani, arrivato l’anno scorso, e Inler, che infatti, nonostante le indubbie qualità tecniche, non ha ancora finito l’apprendistato ed è ancora sotto gli standard prestativi di Udine.
Si parla ormai di questi calciatori come di atleti di livello internazionale, spesso titolari nelle loro rispettive nazionali e sempre protagonisti in Champions. Ma solo due anni fa non era così. In questo lasso di tempo gli azzurri “titolari” hanno accresciuto il loro valore del 70%. L’impennata più verticale quella di capitan Cannavaro passato da 5 a 9 milioni, ma in termini assoluti sono eccezionali i balzi dei tre tenori.
Come è stato possibile questo miracolo economico? La risposta è tutta tecnica ed è da ricercarsi nel gioco che il Napoli ha messo a punto in questo ciclo e che sembra cucito su misura per questi giocatori.
Alcuni esempi. La scelta di Cavani per Quagliarella, determinata dall’esigenza di avere un attaccante che, oltre a segnare, facesse un lavoro sistematico in fase di non possesso per ostruire ed indirizzare l’inizio azione degli avversari. L’arrivo di difensori cresciuti da Mazzarri stesso in altri lidi come Campagnaro, Maggio e Aronica, funzionale ad accelerare il processo di assimilazione di concetti basilari quali la superiorità numerica in difesa, la copertura preventiva, la diagonale del quinto, la transizione alta. La duttilità tattica di Hamsik e Lavezzi, risultante di una codifica meticolosa delle situazioni di gioco e delle possibili opzioni offerte dal disegno tattico dell’avversario.
Il quadro, se ci fermiamo al primo set di giocatori, sarebbe perfetto e, tra l’altro, con interessanti prospettive di ulteriore crescita nella stagione in corso. Il problema non è neanche nel secondo gruppo i cui componenti, pur non riuscendo a crescere come gli altri, hanno dimostrato comunque affidabilità quando chiamati in causa. Ad esempio Dossena e Zuniga si alternano senza problemi sulla fascia sinistra, più potente nella spinta e preciso nella rifinitura il primo, più attento alla fase difensiva ed estroso nello stretto il secondo.
Le apprensioni arrivano dall’ultimo gruppo di giocatori, quello che dovrebbe intervenire in caso di emergenza o garantire i margini di miglioramento maggiori a lungo termine per poter diventare titolari un domani. In questo gruppo dovrebbero esserci giocatori maturi per il pronto intervento, quindi di riconosciuto lignaggio internazionale, e giovani anche acerbi, ma di grandi potenzialità.
A mio avviso non ci sono nè gli uni nè gli altri. I “vecchi” (come Lucarelli, Mascara, Santana) non sono mai stati giocatori di elevatissima caratura neanche nei momenti più alti delle loro traiettorie di carriera, tanto che, quando chiamati in causa, hanno sempre palesato un evidente gap tecnico e atletico rispetto ai titolari. I “giovani” (Fideleff, Fernandez, Chavez) sembrano veramente materia ancora troppo grezza per poter un giorno ambire a diventare dei gioielli come sono oggi i titolari del Napoli.
La società dovrebbe rendersi conto di avere la coperta un po’ corta per poter tenere il passo delle migliori in campionato e in Champions. Sono troppo alte le ambizioni per una squadra che, seppur ben condotta, può fare affidamento oggi solo su 14 giocatori.
Eduardo Vargas è la prima risposta. Ma perchè non puntare sui giovani della cadetteria (o del proprio vivaio) invece di andare a cercare sempre lo scoop all’estero?
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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