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Dai Cannavaro a Zola. Quanti affari tra Napoli e Parma

Negli anni '90 i rapporti tra i due club erano ottimi

«Hai bisogno di soldi e giocatori? E che problema c’è». Con molta verità e un pizzico di leggenda si raccontano così molte delle telefonate di mercato tra Tanzi e Ferlaino, allora padri e padroni d’un Parma, che spendeva e spandeva con la forza del portafoglio di mamma Parmalat, e del Napoli, alle prese, invece, con un difficile dopo-scudetti e dopo-Maradona. Tempi in cui il club incapace di godersi la costruzione di una società solida e ambiziosa, cominciava già a reggersi male sulle gambe.
«Hai bisogno di soldi e giocatori? E che problema c’è». E fu così che in un attimo, quasi vent’anni fa, Crippa e Zola si ritrovarono con un’altra maglia addosso; mentre, contemporaneamente, in un colpo solo da Parma arrivarono in azzurro Gambaro con la sua bizzarra cresta, antenata di quella di don Marek; Bia già allora giovanotto risoluto e serio; Caruso con la sua faccia da bambino e Pecchia con l’aria già da “avvocatino”, come con affetto lo chiamava Boskov.
Anni Novanta – Concentrati soprattutto lì gli affari tra Napoli e Parma e viceversa. Certo, trent’anni prima, da lì era arrivato Mario Zurlini, il quale a Parma c’era nato pure, ma è in quegli anni che vanno dal ‘92 al 2000 che si concentra il tempo dei grandi affari tra i due club. O, se si vuole, tra di due presidenti. Perché quando il bilancio chiamava ad azzerare il rosso, puntuale partiva la telefonata che risaliva la penisola e metteva tutto a posto tutto. Altri tempi, altro calcio, altro mercato. Certo, storie che oggi, alla luce di certi crac e della faccia smunta e dello sguardo perduto dell’ex patron del Parma incatenato non riescono proprio a far sorridere, ma comunque racconti d’un calcio che non esiste più.
Estate del ‘92, dunque – E’ un giovane Marco Ferrante che saluta Napoli e vai via. Giusto un anno dopo, Gianfranco Zola, non ancora “Magic box”, preso da Luciano Moggi per due miliardi dalla Torres, quattro anni dopo porta nelle casse azzurre più di quattro volte tanto. Con lui e con Crippa continua il via vai tra le due squadre e i due club. Un anno dopo, infatti, da Parma arriva Matrecano, difensore ruvido ed essenziale. Ma è l’anno successivo che si consuma il vero, grande affare. Il Napoli ha bisogno di soldi un’altra volta e il Parma, in cambio dell’aiuto, chiede uno dei suoi giovani gioielli: Fabio Cannavaro. Valutazione tra i 15 e i 16 miliardi: dieci in contanti e poi Pizzi e Ayala, mentre all’ultimo momento salta il passaggio anche di Pippo Inzaghi che poi si trasferisce al Milan. A Napoli, nel 1998, si trasferisce Mora, buon mancino d’attacco e di difesa. Dodici mesi dopo, invece, tocca a un altro Cannavaro, a Paolo, scendere dal bus che stava per partire per il ritiro di Predazzo e mettersi in auto per raggiungere il Parma e suo fratello. Con “Paoluccio” c’è pure De Lucia, allora giovanissimo portiere. A Napoli, invece, arrivano Stellone e Matuzalem, il brasiliano innamorato del pallone e della mozzarella. Poi, nel 2000, con il trasferimento in maglia azzurra di Husain detto “El picapietre”, lo spaccapietre, s’interrompe la grande stagione degli scambi. Che però riprende nel 2006, quando Paolo Cannavaro torna a costo zero. Gli ultimi affari, i più recenti: l’ingaggio di Dzemaili, in cambio di denaro e anche di Santacroce e Blasi. E’ l’ultimo capitolo della lunga storia d’affari e d’amicizia tra i due club. Storia quasi sempre di buoni e anche grandi affari. Tranne uno. Chi se lo ricorda Raynald Pedros? Quasi nessuno. Né a Parma né a Napoli. Ma un bidone può anche capitare.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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