I maxi-stipendi dei calciatori – con annesso il baraccone di avidi procuratori, contratti scritti con l’inchiostro simpatico e aumenti a gogo – fanno incavolare chi con quelle cifre annuali camperebbe tre vite, ma cominciano anche a suscitare convulsioni nei presidenti. La crisi è mondiale, interi club o addirittura interi sport rischiano di sparire, i calciatori però rifiutano tagli alla bella vita. Anzi, l’andazzo continua.
De Laurentiis ha fissato un salary cap, una sorta di tetto d’ingaggio che non supera i 2,5 milioni l’anno a giocatore (quello che percepiscono più o meno Cavani e Lavezzi). Eppure il limite massimo fissato dal patron azzurro fa sì che molti dei top player rinuncino a vestire la maglia azzurra. Prendete l’ultima campagna-acquisti, quella della scorsa estate fatta di qualche «no» incassato per questione di soldi. Il Napoli è stato il più abile a strappare per primo il sì al Bayer Leverkusen per Arturo Vidal. Il ds dei tedeschi, Rudy Voeller, pur di non darlo agli eterni rivali del Bayern Monaco, erano pronti a cederlo agli azzurri per 14 milioni circa. L’intoppo arrivò puntuale al momento del primo incontro con Fernando Felicevich, il procuratore del cileno: per meno di 3 milioni all’anno il 24enne non firma niente. De Laurentiis non ha mai avuto tentennamenti e ha subito rinunciato all’accordo dando di fatto il via libera alla Juventus (quinquennale da 3 milioni a stagione, per l’appunto).
I bianconeri ce l’hanno per vizio: anche Inler che Pozzo aveva promesso al Napoli in tempi non sospetti, ha avuto un lungo tentennamento proprio a causa del rilancio del club di proprietà degli Agnelli. Il Napoli si era accordato con lo svizzero per un quinquennale da 1,7 milioni a stagione. Tutto pronto ma poi sul manager del centrocampista, il napoletano Dino Lamberti, piombò il rilancio della Juventus. Fortuna del Napoli che l’Udinese puntò i piedi e si rifiutò di discutere con Marotta il prezzo del cartellino: «Noi l’abbiamo venduto al Napoli – disse Giampaolo Pozzo – se non si mette d’accordo con De Laurentiis torna qui da noi». E alla fine il centrocampista si convinse. L’assalto a Vucinic, pure offerto nel finale di mercato, si arenò dinnanzi alla sua richiesta: 3,8 per tre anni.
La campagna per i contratti più morigerati, e soprattutto rispettati, effettivamente non è ancora arrivata molto in alto, dalle parti dell’Inter o del Milan, ad esempio, che della grandeur delle buste paga ha fatto addirittura un marchio. Per una questione di ingaggio, sempre quello, è saltato il trasferimento a Napoli di Mimmo Criscito: «Non sono venuto a Napoli solo per una questione di soldi», ha candidamente ammesso il difensore di Cercola. Con il Genoa di Preziosi c’era l’accordo su tutto. Lo Zenit approfittò dell’impasse e strappò il nazionale. Per una cifra che ballava tra i 500 e i 700 mila euro, poi, nell’estate del 2009, stava per tornare dalle vacanze il Pocho Lavezzi: guadagnava 1,1 milioni all’anno e pretendeva il ritocco dell’ingaggio. Minacciò di non mettere più piede a Napoli. Poi venne (parzialmente) accontentato).
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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