Me lo sono sempre domandato, e finora non ero mai riuscito a trovare una risposta convincente. Non sono stato in grado di trovare un motivo valido, un solo episodio, un qualcosa che potesse giustificare l’odio esacerbato provato dai tifosi napoletani nei confronti della Juventus. Da quel primo confronto datato 1926 (3-2 per la Juve, ndr) ad oggi ho fatto davvero fatica a scovare casi simili ai gol di Turone, quello di Muntari o un rigore non dato al Napoli e che avrebbe potuto essere decisivo in un duello scudetto tra lui e Madama. Nulla di nulla.
Per tutte le volte (quali?) in cui il Napoli è stato “scippato” di una vittoria negli scontri diretti, per “quel modo arrogante di vincere” (esistono forse le vittorie gentili?), per “quel senso di strano che ne ha macchiato troppi successi” (tradotto: la Juve ruba).
Cosa intendono a Napoli per “strano”? Qualcosa di simile, per esempio, a quanto accadde nella stagione 1989/90, conclusasi poi con la vittoria del loro secondo scudetto? Tipo la monetina che colpì Alemao quel pomeriggio dell’8 aprile 1990, a Bergamo, durante un Atalanta-Napoli? Col massaggiatore Carmando che diceva al brasiliano “stai giù, stai giù”? Una pantomima continuata poi all’ospedale, dove il presidente Ferlaino andò a sincerarsi delle condizioni del giocatore e uscì dichiarando alle tv “non mi ha riconosciuto”? L’intera sceneggiata fruttò una importante vittoria a tavolino che pesò mica poco sull’assegnazione finale di quel tricolore, vinto al fotofinish da Maradona e compagni grazie anche alla “strana” sconfitta del Milan a Verona all’ultima giornata.
A proposito poi di “scippi”, a memoria ricordo una semifinale di ritorno di Coppa Uefa dell’89, giocata al San Paolo, con una rete annullata a Laudrup sul risultato ancora di 0-0, dopo il 2-0 dell’andata a favore della squadra bianconera. Un gol regolarissimo (il danese era partito in posizione regolare, a passargli la palla era stato pure un giocatore napoletano) con il quale, molto probabilmente, la Juve avrebbe potuto andare in finale. Finì invece 3-0 per il Napoli e in finale ci andarono gli azzurri, grazie alla rete decisiva di Renica segnata negli ultimi minuti dei supplementari.
Proseguiamo. Il panterone Zalayeta ammise, nel 2007, di essersi tuffato per ottenere un rigore proprio contro la sua ex squadra, la Juventus, in una sfida terminata 3-1 per il Napoli grazie proprio alle topiche prese dall’arbitro Bergonzi, che assegnò ai partenopei due penalty farlocchi: quello appunto per il tuffo di Zalayeta, e un altro dopo una vistosa simulazione di Lavezzi. Ai tempi il Var non esisteva ancora.
Non lo si usava ancora nemmeno nel 2014 quando, grazie ad una segnatura in nettissimo fuorigioco di Callejon, il Napoli andò in vantaggio sempre sulla Juventus, per poi raddoppiare nel finale di gara con Mertens. Spesso sento dire, “se non fosse stata convalidata quella prima marcatura, forse la partita sarebbe andata in un altro modo”. Questa lettura vale solo quando vince la Juve, o anche per gli altri?
Infine, l’arroganza. Faccio davvero fatica a capire come la si possa esprimere dopo una vittoria, dicendo o facendo cosa? Boh. Ad ogni modo, meglio la supposta arroganza piuttosto che il cattivo gusto, la deriva becera di un’antipatia espressa coi manichini con la maglia bianconera impiccati ai balconi, oppure i bar chiamati “Juve Me..a” e le casse da morto trainate dai tricicli dei bambini. Il folklore e lo sfottò sono un’altra cosa. E, per piacere, non tiratemi fuori i cori sul Vesuvio, perché all’inciviltà non si risponde con altra inciviltà. Detto da chi quei cori non li ha mai cantati, e non odia Napoli e nemmeno i napoletani. Perché sempre di calcio stiamo parlando.
Fonte: Ilbianconero.com
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