Josè Maria Callejon, lo spagnolo con il google maps incorporato (guardatelo quando gioca: non sbaglia mai un indirizzo, sa sempre dove piazzarsi, si muove in perfetta armonia con la partita) è un esemplare di attaccante che riassume calcio antico (per il fisico minuto ma compatto e la rapidità di certi gol in diagonale ricorda l’Uccellino Hamrin) e calcio moderno. E nella scia degli spagnoli sbarcati in Italia rappresenta una felice eccezione. Meglio di lui nella nostra serie A – Benitez dixit – ha fatto solo l’immenso Luisito Suarez, che con il suo pezzo forte (il lancio alla Suarez) cambiò la storia dell’Inter di Helenio Herrera e diede un senso al catenaccio+contropiede nerazzurro.
MITI E BIDONI . Hanno lasciato o stanno lasciando tracce significative Del Sol (saggio centrocampista nella Juve anni ‘60), Peirò (puntero nell’Inter anni ‘60: in certi guizzi Callejon gli somiglia) e ovviamente il professore delle geometrie calcistiche, al secolo Borja Valero, da qualche anno cervello della Fiorentina. E’ abbastanza curioso che gli spagnoli abbiano faticato ad imporsi in Italia (molto meglio i francesi, per esempio), eppure le condizioni – latini noi, latini loro – ambientali e tecniche c’erano tutte. Ecco, Martin Vasquez (scuola Real, faceva parte della Quinta del Buitre), era un «volante» di piede dolce, ma troppo discontinuo: al Toro nei ‘90 fece discretamente. Munoz (Sampdoria), viene ricordato per il mento pronunciato e perché randellava come un forsennato, lo juventino Llorente fa il suo dovere. E poi? Poi basta. Bidoni in serie. E flop clamorosi. Che dire di Mendieta? Nel 2001 la Lazio lo pagò 93 miliardi di lire. Era una stella del Valencia di Cuper, qui arrivò il fratello bolso. Spagnoleggiando abbiamo accolto con tutti gli onori De La Peña, detto il Piccolo Budda, Helguera passò inosservato alla Roma (eppure, in Spagna sapeva il fatto suo: si è fatto otto stagioni al Real Madrid, mica storie), il fantasmagorico Cesar Gomez che nella Roma di Zeman fine anni ‘90 giocò tre partite in quattro anni (si scoprì poi che probabilmente fu uno scambio di persona a dirottarlo in giallorosso), l’inutile Javi Moreno (Milan), il decorativo Josè Mari (sempre Milan). Gallego era stato una bandiera del Real Madrid, ma a Udine (1989-90) quando correva si sentiva il rumore sinistro delle articolazioni. Pure l’esperienza italiana di Pep Guardiola – al netto del doping – fu brillantissima. A Livorno se gli ricordi Tristan gli viene ancora da ridere. Amor alla Fiorentina era utile solo per le rime baciate. Altri? Morata è giovane e ha talento, ma quanto resterà da noi? Avrà il tempo per dimostrare il suo valore o – appena ne intuiremo la classe – fuggirà tra Liga e Premier a miracol mostrare?
Fonte: Corriere dello Sport
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