Walter Gargano ha poco più di trent’anni. Giocava nel Danubio, in Uruguay, prima di passare al Napoli nell’estate del 2007. Dicevano, allora, che fosse uno dei migliori centrali di centrocampo del Sudamerica. Era titolare della Celeste (finora 64 presenze e un titolo di campione d’America con la sua nazionale, ma era in panchina, nella brasiliana Natal, quando Godin ci sbattè fuori dal Mondiale) e aveva davanti a sé una carriera che, fino a poco tempo fa, qualcuno considerava non corrispondente al suo valore. Come se per strada avesse perso qualcosa. Di sicuro un’occasione, quella dell’Inter, dove aveva anticipato di un anno l’arrivo di un altro Walter, Mazzarri, che a Napoli aveva pilotato la sua crescita tecnica e tattica.
FUORI TEMPO. Probabilmente Gargano ha sbagliato i tempi. All’Inter è andato nell’anno meno indicato. Così, dopo una sola stagione, è sceso a Parma e poi è tornato a Napoli, dove lo hanno accolto incomprensioni di vario genere, fin quando Rafa Benitez ha capito che era lui il regista su cui puntare. Nel suo 4-2-3-1, modulo fisso e indiscutibile per il tecnico spagnolo, ci sono quattro giocatori di centrocampo, le cui caratteristiche hanno qualche punto in comunque: Inler, Lopez, Jorginho e Gargano. Benitez li alterna, anche per evitare sovraccarichi di fatica visto che il Napoli continua a giocare il campionato nelle zone alte, l’Europa League e ha giocato una gara di Supercoppa in attesa di iniziare anche la Coppa Italia. Si possono creare 6 coppie: Inler-Lopez, Inler-Jorginho, Inler-Gargano, Lopez-Jorginho, Lopez-Gargano e Jorginho-Gargano. Ciascuna ha le sue qualità, ma quella che l’allenatore ha schierato nelle ultime due partite, a Doha e a Cesena, ci sembra la più giusta, la più adatta al gioco del Napoli.
CALCIO E LOTTA. Lopez è un ottimo controllore di gioco, un efficace recupera-palloni, raramente è fuori posizione, quasi mai sbaglia il movimento. Quando però c’è da costruire il gioco, allora entra sulla scena Gargano. Non stiamo parlando di Pirlo, di Xavi e nemmeno di Xabi Alonso, ma di un giocatore che ha il senso del tempo, la visione di tutto il campo e la capacità di calciare corto o lungo (meglio corto, in ogni caso). L’uruguayano sa trovare Hamsik, l’altro creatore della manovra napoletana, lo scorge nel tempo giusto e nella posizione migliore. I due possono giocare in verticale o anche, come accade meno frequentemente, in orizzontale, uno accanto all’altro, con Lopez che copre le loro spalle. Gargano non è solo tecnica, o solo tattica, è anche corsa, presenza, lotta. E’ un regista che combatte, che si occupa del lavoro pulito e di quello sporco, che non ti lascia mai in mezzo a una strada: sa come aiutare il compagno, come sostenerlo.
GLI ALTRI. Oggi dei quattro centrali è quello più in forma. Si era visto a Doha e subito dopo a Cesena, giocando due partite diverse ma con lo stesso rendimento. Lopez è il suo collaboratore ideale e non solo perché riesce a coprirgli le spalle; Inler è monocorde, rispetto a Gargano ha in più il tiro ma non è dentro il gioco come l’uruguayano; da Jorginho ci aspettavamo tutti qualcosa in più, quando era a Verona sembrava una risorsa anche per la Nazionale come futuro vice-Pirlo, invece la sua ascesa si è fermata. E’ giovane, avrà tempo e modo di crescere. Intanto gioca Gargano, il vero punto di riferimento del calcio di Rafa Benitez.
Fonte: Corriere dello Sport
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