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Da impero del calcio a piccolo regno europeo: per l’Italia è giunta l’ora di ripartire

Come Olanda e Svizzera, peggio di Francia e Portogallo. Una sola squadra italiana nei quarti di finale di Europa League, torneo così sottostimato, a sentire quello che dice il tecnico della nostra unica squadra in corsa, da ritenerlo un ripiego: l’habitat naturale della Juve, secondo Antonio Conte, è la Champions League. Purtroppo per Conte, per la Juve e per il calcio italiano, il problema è opposto: è la Champions League nei fatti a non ritenere la squadra campione d’Italia (e tanto meno le sue perenni inseguitrici) di un livello adeguato a questa competizione. Sapevamo che il vecchio grande impero del calcio italiano era crollato. Per un po’ abbiamo pensato che fosse ridotto a un piccolo regno, adesso siamo a livello di una contea. Una sola rappresentante contro 5 spagnole, 2 inglesi, 2 tedesche, 2 portoghesi, 2 francesi, 1 svizzera e 1 olandese. Le ragioni sono tante, la crisi non è solo economica, ma strutturale, tecnica e manageriale. Siamo nel momento in cui è impossibile non ripartire. Le idee ci sono, magari non tutte originali o adeguate, manca però qualcuno che le organizzi e le pratichi. Manca la volontà di farlo, sia tecnica che politica. Non abbiamo un Ministero dello Sport, le altre nazioni europee, anche quelle che consideravamo di terza fascia, si sono già organizzate. La Svizzera, tanto per rendere l’idea, ha ristrutturato il suo movimento calcistico, come Germania, Spagna, Francia e Belgio. I nostri club vanno in Lega per accapigliarsi non per programmare un futuro comune. E intanto due anni fa l’Italia ha perso una squadra in Champions, avendo ceduto posizioni nel ranking Uefa, legato ai risultati. Oggi la Juve sembra di un altro pianeta, eppure la Juve sta alla Serie A come la Champions sta alla Juve. La distanza è evidente e pesante. Soffriamo con i club e con la Nazionale. La Spagna ha 5 squadre nelle due coppe e la sua nazionale è campione del mondo e d’Europa, noi abbiamo solo la Juve e con l’Italia, mentre vinciamo le partite delle qualificazioni contro le squadre di secondo livello, perdiamo spesso le partite contro quelle di prima fascia. Se ne sono andati i giocatori migliori e gli allenatori più bravi, non c’è crescita né coraggio; se pure il Portogallo ci mette sotto non si può più continuare senza cambiare.

Fonte: Corriere dello Sport

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