Da Calciopoli al calcioscommesse: la storia di un calcio malato

La soluzione è punire i colpevoli

“Scommettiamo” che questa sarà una nuova calda Estate? Quello che attualmente sta vivendo il calcio italiano è una sorta di “Calciopoli bis” con tutti gli effetti collaterali connessi al caso … Sembra quasi che la storia voglia ripetersi  e ritornare ciclicamente. Estate 2006 – Estate 2011. Dopo ben 5 anni l’Italia vede accendere su di sé i riflettori da primo attore, un ruolo da protagonista piuttosto scomodo che vorrebbe o avrebbe voluto rifiutare a tutti i costi. Purtroppo la parte le è stata assegnata dai comprimari o, continuando ad usare la metafora cinematica, da comparse: ex calciatori, dentisti, scommettitori incalliti. Sono, appunto, queste comparse a recitare un ruolo importante. E’ una triste telenovela che ogni giorno si arricchisce e si colora di particolari che rendono la trama bella intricata; il pubblico la guarda da casa, seduto in poltrona ed emette giudizi. Sensazioni ed emozioni che hanno il valore di una condanna. Bisogna analizzare questi attori e vedere da dove provengono. La maggior parte  proviene dalla gavetta, dalla serie C, altri dalla serie B. Le domande, legittime, che sorgono spontanee, si riconducono tutte ad una sola: “Cosa spinge un calciatore a scommettere; semplice vizio o una voglia irrefrenabile di ottenere sempre di più?”
In rete, sui muri, ovunque, possiamo leggere “No al calcio moderno”. Cosa indicano questi slogan? Molti danno la colpa ai “demoni” presenti nel calcio: pubblicità, sponsor e partner commerciali, pay-tv e i procuratori. Proviamo ad esorcizzare questi demoni. Da semplice gioco, il calcio si è trasformato, in un vera e propria attività imprenditoriale dove chi ha capitale da investire, si arricchisce sempre più, e ad assere penalizzati sono i piccoli club italiani di bassa serie B e serie C, che ad ogni finestra di calciomercato estivo,rischiano di chiudere i  battenti dichiarando il proprio fallimento.
Ecco che nelle menti di alcuni calciatori può scattare un meccanismo, una scintilla; ossia la voglia di aprire una “polizza assicurativa” che garantirebbe loro entrate sicure. La rete si infittisce  e cala un enorme “cortina di ferro” su quello che viene definito da tutti, “il gioco più bello del mondo”. Atteggiamento legittimo? No diremmo noi, ma comprensibile se consideriamo che la meritocrazia non esiste e nelle serie inferiori militano calciatori di gran lunga superiori a tanti che militano in serie A. Totem o feticci a cui aspirano e che strappano contratti milionari poiché assistiti da procuratori che decidono se un loro assistito cambierà o meno la propria casacca. La carriera di un calciatore è breve e se non ottengono contratti onerosi, ecco che possono cercare un escamotage  per rimpinguare le proprie tasche. Comprensibile, dicevamo, la scelta di ricorrere ad attività illecite per arricchirsi, ma non tollerabile e meritevole di condanna penale, auspichiamo, una volta accertati gli atti.
Le vere vittime di questa intricata vicenda, sono le società, colpevoli invece nell’Estate 2006 di aver dato vita allo scandalo “Calciopoli”: si perse l’occasione di fare “piazza pulita” all’interno di un sistema entrato sempre più in circolo vizioso, salvo oscurare alcuni personaggi legati all’hinterland dirigenziale di  club. Alcune società nella stagione successiva, ossia quella 2006-2007, sono partite dai nastri di partenza, con un notevole handicap: la Juventus retrocessa in serie B ed un passivo di – 9 punti, Arezzo in serie B -6 punti. In serie A la situazione non fu idilliaca visto che la Fiorentina partì da -15 punti, la Reggina con un – 11, Lazio e Milan rispettivamente con -8 e -3 punti al passivo. A distanza di 5 anni nulla è cambiato, o meglio, i parametri di giudizio non sono cambiati. Si ritengono responsabili, non ci stancheremo mai di dirlo, le società e non i propri tesserati; cosa c’entrano organismi complessi con l’impazzire di una cellula insita all’interno degli stessi? Si puniscano i colpevoli, ma soltanto loro; c’è bisogno che ad intervenire sia la giustizia ordinaria e non quella sportiva; non è possibile che a pagare debbano essere poi i dirigenti che a fatica fanno quadrare i conti nel pieno rispetto delle regole.
Ciò di cui il calcio italiano avrebbe bisogno, è un medico che riesca ad estirpare questo male insanabile, che riesca in un certo senso a diramare una giusta diagnosi e a stilare una perfetta terapia; un medico che riesca a curare questo male che scava i profondità, che trasforma “idoli del passato”, in corrotti arrivisti moderni. Urge un specialista che operi in Italia come fatto in Germania.
Gli Europei di calcio del 2000 si conclusero per l’Italia con la cocente sconfitta in finale contro la Francia; la Germania non passò il turno eliminatorio, anzi ne uscì profondamente umiliata e ridimensionata: gli organi federali decisero di affrontare la questione a piene mani stanziando fondi per la costruzione di stadi di proprietà, non a caso i mondiali del 2006 si giocarono proprio in Germania; fondi per l’ammodernamento di strutture esistenti ed  investimenti nel settore giovanile. Tutte le società ne hanno tratto beneficio, dotando gli impianti di vere e proprie catene commerciali, cinema e mega – store che permettono alle stesse, di allargare i cordoni della borsa sul mercato, potendo contare anche su tetti salariali e budget più alti rispetto agli standard italiani. Tutte rose e fiori? Certamente no! Nel 2005 il calcio tedesco fu investito dallo “scandalo arbitri”, rei di aver truccato e pilotato numerosi incontri. Ancora una volta prevalse il buon senso punendo solo i responsabili, riuscendo a squarciare il velo di illegalità, aleggiante sulla Bundesliga.
L’auspicio è che la Federazione italiana cerchi di tutelarsi, prendendo esempio da chi ci è già passato. L’auspicio è che la giustizia ordinaria faccia il proprio corso, prendendo decisioni ed esprimendo condanne solo su basi certe; non bisogna sparare nel mucchio, ma mirare bene ed individuare i responsabili. Si lascino fuori da ogni discorso, legato a responsabilità oggettive, le società; il rischio è che questo vaso di Pandora  inghiotta tutto il sistema. E’ forse arrivata l’ora, finalmente, di modernizzare il sistema calcio italiano e “svecchiarlo” come da sempre, invoca il presidente Aurelio De Laurentiis.

Francesco Gambardella

Vesux

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