Dai fischi con l’Athletic Bilbao, alla standing ovation con la Roma. Sono trascorsi poco più di due mesi e il rapporto di Lorenzo Insigne con il proprio pubblico è cambiato da così a così. Merito esclusivamente suo ed in parte di Rafa Benitez che l’ha sempre sostenuto e creduto in lui. Merito anche della famiglia che gli è stata sempre vicino. E forse indirettamente c’è anche lo zampino di Antonio Conte, il commissario tecnico della Nazionale, che escludendolo dal giro azzurro l’ha motivato non poco. Però ieri ha inviato Rocca al San Paolo per seguirlo da vicino…
In realtà, l’Insigne ammirato con la Roma è stato qualcosa di unico. Intelligente in ogni giocata, geniale, concreto. Gli è mancato solo gol ma vi è arrivato vicinissimo. A negargli la gioia è stato l’amico De Sanctis che in un paio di frangenti s’è arrabbiato con la sua difesa, incapace di prevedere i numeri del folletto di Frattamaggiore.
Svolta. Può in due mesi ed una manciata di partite cambiare la vita di un giovane calciatore? Sì, si può quando da una parte c’è volontà e talento e dall’altra quella benevolenza latente che comunque si deve ad un figlio della propria terra. Insigne è l’unico napoletano di una squadra diventata multinazionale; l’unico a parlare lo stesso dialetto dei tifosi; il solo a sentirsi quella maglia cucita addosso fin dalla nascita. E quei fischi, per la verità solo di una parte del pubblico del San Paolo, erano dettati dalla rabbia, dall’amarezza di non poter veder primeggiare uno di loro. Ed Insigne vi aveva messo del suo lasciandosi andare ad un gesto poco simpatico nei confronti del pubblico. Ma anche quella voleva essere la reazione rabbiosa di uno scugnizzo che non si sentiva protetto a casa proprio; uno scugnizzo impertinente che non le manda a dire e non sa fingere. Insomma un rapporto che solo tra napoletani si può spiegare. E forse aveva ragione Viviani nel suo campanilismo: quando è un napoletano ad emergere, i napoletani non lo sanno difendere, al contrario di come fanno a Milano, a Roma o a Torino.
Applausi. Ma la standing ovation di ieri sta a dimostrare che il pubblico di Fuorigrotta sa riconoscere quando un giocatore ce la mette tutta. E sa ricambiare. Insigne è maturato tanto tatticamente. Non spreca più un passaggio. Non pecca più di egoismo. E sa scegliere il tempo giusto per disorientare l’avversario e puntare a rete, oppure un servire un compagno meglio piazzato.
Lui era stato il calciatore del Napoli a partecipare ai funerali di Ciro Esposito. Lui più degli altri aveva versato lacrime per quella morte assurda. E ieri, quando a fine partita è corso in mezzo al campo per applaudire il pubblico del San Paolo, ha alzato lo sguardo al cielo e sicuramente avrà avuto un pensiero per Ciro. Da ieri, il vero beniamino della gente è quel ragazzo che fino a due mesi fa qualcuno aveva ingenerosamente fischiato solo perchè napoletano e da napoletano avrebbe dovuto risolvere i problemi di una squadra intera.
Fonte: Corriere dello Sport
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