Il rigore non c’era. E neanche il Napoli. Mazzarri aveva lanciato un sospetto, colto da Allegri con ironia, dai soloni con disppunto, ohibò ‘sto livornese come si permette?! Ma doveva dirlo anche ai suoi, Mazzarri, piantarglielo bene in zucca: per passare a San Siro bisogna esser bravi due volte, due volte fortissimi, prima per opporsi agli undici avversari, poi per contrastare l’arbitro. Sapeste quanto mi dispiace metterla giù così dura: avevo deciso di fidarmi, ero convinto che dopo la doppia svista a favore dell’Inter e del Milan dell’altra settimana (con quella infelice sortita di Moratti sulla “par condicio” rossonerazzurra) nessun arbitro avrebbe osato fottere il Napoli. E invece è successo, ahimé con la collaborazione del Napoli stesso che è tornato alla Scala del Calcio (declassata a sala parrocchiale) con la paura campagnola di Totò, Peppino (e la malafemmena), da loro recitata con guitteria, dagli azzurri interpretata realisticamente. Ho provato a immaginare cosa sarebbe successo con Lavezzi, la cui mancanza s’è davvero sentita perché il contropiede napoletano non s’è praticamente visto e peraltro quando è stato tentato da Cavani al 14′ e da Dossena al 61′ l’ineffabile Rocchi ha solerte fischiato l’inesistente fuorigioco. Poi, quel rigore assegnato al Milan con magistrale certezza quando il replay ha dovuto esser visto dieci volte, e sempre aggiornato, migliorato, zumato per poter dire “sì, l’arbitro ha visto giusto” e invece ogni volta si capiva che l’arbitro aveva frettolosamente sposato la causa del più forte. Secondo natura talvolta intima, repressa, sovente esplosiva, sfacciata. Sfacciatamente mandato sotto di un gol (rigore di Ibra) per l’inesistente “mani” di Aronica ch’era invece un “mani” di Pato, il Napoli ha tenticchiato d’esser se stesso ma è stato soprattutto De Sanctis che oggi ingoierà tutti i vistosi complimenti sonori e scritti come fiele, poi condannato a subire il raddoppio di Boateng e l’insultante 3 a 0 di Pato. Non c’erano i Tre Tenori, e neanche i Due, Hamsik e Cavani, divorati da un Milanetto a sua volta tristo e spaventato fino al regalo di Rocchi; non c’era il centrocampo affidato a un Gargano da far pena; c’era una difesa coraggiosa come il suo capitano ma inutile a sostenere la galoppata degli Unti dal Signore. Ma adesso voglio dire che non è finita qui. Il Milan resta in testa solitario ma il Napoli, leccatesi le ferite ed esauriti i viaggi a Milano, saprà rifarsi, rendersi ancora pericoloso, magari come l’Inter che, da questo momento, è la favorita nella corsa allo scudetto, perché sabato i rossoneri rischiano d’incontrare la solita Juve che vince coi forti e perde coi deboli, raro esempio di sublime etica pallonara che se va bene ti salvi. E il Napoli, a questo punto, deve augurarsi che, una volta esauriti i festeggiamenti per il Venticinquennale del Milan berlusconiano, gli si restituisca in qualche maniera il maltolto, voglio dire la possibilità di giocare alla pari anche se – come è stato detto non da Bossi ma dal suo premier – iersera a San Siro era in ballo il Nord contro il Sud e in questi casi l’è dùra, anche se c’è in ballo l’Unità d’Italia. Nel nostro piccolo, ci accontenteremmo dell’Unità Arbitrale.
La Redazione
C.T.
Fonte: Il Roma
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