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Crolli, incendi e devastazione il centro Paradiso è un rudere

Muri sfondati, porte divelte, perfino le ringhiere sono state rubate

La scritta con la vernice spray «non entrare», è un invito; il cancellone azzurro è aperto per un pezzetto: dare uno sguardo all’interno è quasi un dovere per chi ha amato lo sport, il calcio, il Napoli, quello degli allori e dell’entusiasmo. Soccavo, Centro Paradiso, inferno della memoria di un tempo che sembra vicino e che invece, il degrado lo dimostra, è lontano, troppo lontano.
C’eravamo già stati pochi anni dopo la chiusura. Avevamo portato anche voi lettori lì dentro. Vi avevamo raccontato dell’abbandono e dell’incuria, dell’erba alta e del marciume che aggrediva ogni cosa. Stavolta, invece, vi raccontiamo solo che il centro Paradiso non esiste più. Non c’è più nulla se non muri crollati, infissi divelti, vetri spaccati.
Il campo. Entri a Soccavo e lo sguardo va, d’impulso, verso il prato. Hai passato giorni a guardare Diego che calciava le sue punizioni millimetriche, trascorso ore a cercare di capire schemi e tattiche per prossima partita, sempre dietro alle inferriate che «proteggevano» la squadra dai curiosi e dall’affetto. Già, ma quelle inferriate adesso non ci sono più. Una mano esperta le ha segate, una ad una e la ha portate via: quanto avrà reso quel materiale al mercato del ferro vecchio? Cento euro? Quant’è immenso il dolore di vedere quel campo devastato? Giudicate voi. Così passano in secondo piano la mancanza di una delle due porte e l’erba talmente alta da coprire interamente una persona.
Gli spogliatoi. Anche lì si sono accaniti i predoni. Anche negli stanzoni dove i calciatori parlavano mentre indossavano i calzoncini sembra passato un ciclone di distruzione. L’intervento di spoliazione è stato certosino: le canaline elettriche sono state estirpate dai muri per poter prelevare il prezioso rame. Le centraline elettriche sono sparite, perfino i tubi dell’acqua per le docce sono stati portati via. Resiste, altera, solo la vasca con l’idromassaggio che i calciatori utilizzavano alla fine degli allenamenti. È mezza distrutta, hanno anche provato a portarla via, ma era troppo grande, così l’hanno lasciata lì, a fare la guardia alle stanze deserte dove anche il soffitto ha ceduto in qualche punto, aggredito dalla vegetazione che incombe e avvolge quel luogo.
Gli uffici. La bella porta di vetro con il simbolo del calcio Napoli è stata sfondata, l’ingresso agli uffici di dipendenti e presidenti è libero. I resti di quella bella «N» in campo azzurro sono frammentati e scrocchiano sotto i piedi. È automatico avviarsi in fondo, dov’era la stanza del presidente Ferlaino, quella con le tv collegate al satellite per guardare le partite di tutto il mondo e cercare nuovi talenti. Il percorso, però, è ad ostacoli. Ovunque ci sono resti di mobili, pezzi di porte sfondate. In ogni stanza mancano gli infissi (rubati) e ci sono resti di animali, il senso di ribrezzo non impedisce di guardarsi intorno per scoprire che… non c’è più nulla. Anche se ti sembra ancora di sentire le voci delle signore allegre o dei manager sempre incazzati.
La foresteria. Di fronte agli uffici, un tempo, c’era la foresteria, la casa di Soccavo dei giocatori. al piano terra la sala dei trofei e il biliardo per trascorrere le noiose serate in ritiro. Al piano superiore le camere dei calciatori. Oggi all’ingresso della foresteria c’è odore di bruciato e di pipì: siccome era difficile da depredare quella stanzona, si sono accaniti su qualunque cosa. Hanno dato fuoco alla moquette e al legno chiaro che rivestiva i muri: ad ogni passo s’alza una nuvola di fuliggine che finisce nei polmoni e fa venire tosse e conati. Sopra, nelle stanze dei giocatori la furia è stata immensa. Anche qui sono stati strappati i fili elettrici dai muri, anche qui sono stati portati via i tubi dai bagni, e anche tutti gli igienici sono stati estirpati. Quelli che non sono stati portati via sono stati lanciati sul pavimento, e distrutti. Sulle (poche) porte rimaste al loro posto ci sono ancora i nomi dei calciatori che, per ultimi, le hanno occupate: Vidigal, Montezine, Tosto, Vieri (il fratello..) quello era un altro Napoli, un Napoli piccolo così.
Riprendere fiato dopo lo sporco e l’orrore, impone di cercare i balconi. Ma forse è meglio evitare… anche le balaustre delle lunghe balconate sono state strappate, c’è il rischio di precipitare giù. Meglio andare via, abbandonare il Paradiso trasformato in inferno. Meglio pensare che adesso quel posto è morto, non c’è più. Come i ricordi di un’altra epoca.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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