Prima di iniziare questo editoriale sono andato su google e ho digitato la parola “mafia”. Perché negli anni ’90 ero un bambino e, quando al telegiornale Cesara Buonamici ed Enrico Mentana pronunciavano questo termine, vedevo immagini di sangue, cadaveri a terra coperti da un lenzuolo bianco ed autostrade saltate come le costruzioni di Lego. Qui non ci sono di mezzo i “Lego” ma la “Lega”, dove Milan e Juventus, post-calciopoli, strinsero un patto per non farsi più la “guerra”. “Mafia è un termine diffuso con cui ci si riferisce ad una particolare tipologia di organizzazioni criminali”; questo è quanto scrive wikipedia. Antonio Conte è un ragazzo simpatico, un bravissimo allenatore-motivatore-tecnico e tattico ma, siccome lo seguiamo dai tempi di Arezzo, ci piacerebbe vederlo in una veste più corretta, politicamente parlando, lasciando a Beppe Marotta ed Andrea Agnelli polemiche con dirigenti avversari. Il confronto tra Allegri e Conte è stato vinto dal milanista; in campo e soprattutto fuori. In campo perché senza numerosi titolari, per circa 70 minuti, il Milan ha prevalso sulla Juventus; sarebbe stato un altro Milan con Nesta, Gattuso, Seedorf, Cassano, Boateng ed Ibrahimovic. Fuori dal campo perché Allegri ha mostrato stile e simpatia, con battute velenose ma dirette. Conte è giovane e ha un gran futuro ma non deve farsi trascinare da queste polemiche sterili che alla lunga potrebbero rischiare di compromettergli la carriera. Dare del “mafioso” ad Adriano Galliani è un autogol da centrocampo: e perché si sta rivolgendo al Direttore più vincente al mondo, in attività, e perché attrae su di sé facile ironia per la fascia di capitano che ha indossato per tanti anni alla Juventus, non all’Alzano Virescit. Avanzano fantasmi del passato, a cui ci riferimmo nello scorso editoriale, che non aiutano il “Progetto Agnelli”. Ci risulta che l’atteggiamento di Conte, nell’ultimo periodo, non sia piaciuto neanche ad alcuni dirigenti. Il loro lavoro estivo è passato quasi in secondo piano, per questa voglia di emergere del tecnico, il quale avrebbe fatto meglio a non caricare troppo la gara di Milano. Avrebbe fatto meglio a non parlare degli arbitri prima, durante e dopo. Avrebbe fatto meglio a non litigare con gli opinionisti televisivi, avrebbe fatto meglio a restare in silenzio, perché per lui parlano i risultati. Abbiamo visto troppe cose che non ci sono piaciute sabato sera a San Siro e qui parliamo anche dell’atteggiamento in campo della Juventus. Stravolgere l’11 nella gara più importante dell’anno è stato un errore che solo Tagliavento e Romagnoli potevano evitare di far finire in “tragedia” calcistica. Fuori Pepe, Matri e Vucinic è come spegnere il motore di una Ferrari e passare ad una nuova Fiat 500, paragone che farà felici i vertici Juventini. Non ricordiamo un Galliani fuori da San Siro, dopo 45 minuti di partita. Infuriarsi con Nicchi è il minimo, alzare la voce diventa un diritto del club di Via Turati. L’Amministratore Delegato del Milan ha dimostrato di essere il top a livello mondiale, Marcello Nicchi dovrà dimostrare innanzitutto di meritare lo stipendio a fine mese perché quanto stanno combinando gli arbitri italiani inizia a diventare mortificante per tutti gli appassionati di questo sport. Tagliavento arbitro e Rizzoli quarto uomo. Rizzoli, lo stesso del rosso ad Ibra e del “non ho visto nulla” su Aronica. Un pizzico di buon senso basterebbe a migliorare le cose.
La domenica di serie A ci ha regalato una giornata magica per la “Dea”. Hanno provato ad affossarla con pale e sedie elettriche ma non ci sono riusciti, perché il lavoro svolto sul campo e dietro la scrivania ha dimostrato la competenza societaria della famiglia Percassi e di Pierpaolo Marino che in una settimana ha disegnato la squadra della salvezza. Il “bidone” napoletano Denis ha annientato la Roma ed il credo difensivo del suo allenatore. Marilungo sta confermando, come un assegno postdatato, di valere l’investimento di 13 mesi fa, quando l’Atalanta versò 5 milioni di euro nelle casse di Garrone, Sampdoria. Aspettiamo, adesso, solo Gabbiadini…
Infine un piccolo giro di valzer, di Direttori Sportivi, anche se appare prematuro.
Il Bologna cerca un Direttore, avanza l’ipotesi Pradè, resta concreta quella Magalini. Zamparini riporta a Palermo Giorgio Perinetti, reduce dall’ottimo lavoro di Siena, anche se di questi tempi un anno fa a Palermo erano sicuri di ritrovare Pasquale Sensibile. Sensibile che, probabilmente, ha già finito il suo mini-ciclo alla Sampdoria. Lo stima Ghirardi a Parma, con due “se”: se Leonardi andrà via, come sembra e come entrambe le parti desidererebbero, e se Bigon resterà a Napoli, perché Ghirardi corteggia – non ufficialmente ma da tempo – il giovane direttore napoletano, bravo nella gestione del gruppo sebbene ancora acerbo nella scoperta di giovani di valore puntualmente bruciati da Mazzarri.
A Siena il primo nome resta quello di Franco Ceravolo, già consulente di mercato del Presidente Mezzaroma. A Roma aspettano di conoscere il futuro di Walter Sabatini, a quanto pare Franco Baldini basta. Sabatini potrebbe andare a Firenze, altrimenti le ipotesi viola sarebbero due: Oriali, stimato dai Della Valle, o Sensibile sponsorizzato da Sabatini con Delio Rossi. Il Torino pensa a cambiare categoria, ma si vocifera di un ritorno di Stefano Antonelli, attualmente consulente di mercato dell’Udinese, il quale andrebbe a far coppia con Gianluca Petrachi e non ne sarebbe il sostituto. Ad Udine, Larini è perfetto nel suo ruolo, a Catania in Piazza Duomo sostituiranno presto la stuatua dell’elefantino “Liotru” con quella di Pietro Lo Monaco. Sull’asse Bergamo-Milano (Inter) non sappiamo ancora dirvi. Il tempo, oltre ad essere galantuomo, fungerà anche da navigatore che ci indicherà la retta via.
Fonte: Tuttomercatoweb.com
La Redazione
C.T.
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