«Quando per la prima volta salii le scalette dello stadio San Paolo, quelle che portano al campo, avvertii una forte emozione. Le immagini dei santini alle pareti, quei quadretti anche un po’ sbiaditi che qualche anno prima toccava Maradona prima di ogni partita, mi sembravano magici». Al San Paolo, Hernan Crespo, non ci ha mai giocato. Ma nel 1996, con la maglia del Parma, capì immediatamente cosa significava una partita nel tempio del Pibe».
Eppure lei al Napoli non ci ha mai giocato. Un rimpianto della sua carriera italiana?
«No, non posso definirlo così. Mi sarebbe piaciuto tantissimo. Avrei vissuto la città che Diego aveva amato più di ogni altra. Ma quando la mia carriera era in ascesa, il Napoli non viveva una fase positiva. Quando poi le mie quotazioni iniziavano a scendere, il Napoli vinceva ed era troppo alto per me».
La terra di Maradona e anche quella di Higuain.
«Noi argentini ci troviamo benissimo nelle città passionali, dove il calcio viene vissuto in maniera viscerale. Maradona era un dio per i tifosi e il Pipita si avvia a diventarlo».
Eppure il futuro del Pipita potrebbe non essere a Napoli.
«A Napoli ha realizzato trentasei gol, un campione però vuole vincere. E magari si accontenta di segnarne venticinque ma con un trofeo. A Napoli sta benissimo, ma il calcio a volte ti porta a prendere decisioni di testa. Higuain non deciderà lui se restare o meno, c’è una clausola».
Peraltro molto alta. Ci sarà un club disposto a spendere tanto, secondo lei?
«Higuain può anche valerli, quei soldi. Ma pochissime squadre possono permetterseli. Credo che lui adesso sia concentrato solo sulla coppa America. E’ in una situazione in cui non sarà lui a stabilire se andar via oppure no».
In Europa probabilmente guadagnerebbe molto di più.
«Ai livelli di Higuain non è il milione o due che fanno la differenza. Chi decide ad un certo punto di guadagnare tantissimi soldi, fa una scelta diversa. Va in Cina, come ha fatto il Pocho. Legittimo. Oggi Higuain credo che andrebbe via da Napoli solo se costretto da una squadra che paga la clausola. A Napoli è maturato, Sarri ha esaltato le sue capacità e la società ha un progetto. Ma vuole vincere un trofeo e chiederà garanzie per questo».
Una squadra più forte?
«Probabilmente sì».
Le piace il calcio di Sarri?
«E’ il calcio propositivo, quello in cui più mi ritrovo. Anche a Empoli faceva lo stesso gioco, lo ha esportato a Napoli e la differenza tecnica della squadra ha fatto il resto».
Da calciatore ad allenatore, crede di poter fare la stessa carriera esaltante?
«Se non ci credessi, non avrei scelto di fare il tecnico. La mia ambizione è proprio questa: conquistare gli stessi successi».
L’esperienza al Modena?
«Bellissima, molto istruttiva. E’ finita con nove giornate di anticipo e mi dispiace, certo. Ma quando sono andato via, la squadra era salva. Sappiamo che è finita il Lega Pro. Senza toglier nulla a chi mi ha sostituito, ma devo fare l’analisi che riguarda il mio lavoro».
Chiacchiera con il Lugano?
«Sì, ma per ora nulla di concreto. Sono stato contattato da diversi club all’estero. Se potessi, sceglierei l’Italia. Un progetto che mi convinca, senza questione di categoria».
Tra qualche giorno rivedrà Maradona a Parigi per una sfida amichevole.
«Quando sono stato contattato, ero felice come un bambino di nove anni. Quel bambino che guardava il suo idolo in tv ed ora ha la possibilità di giocarci insieme. Sono stato un uomo fortunato. Da appassionato di calcio ho conosciuto tutti i mie idoli. A un certo punto della mia carriera, anche loro conoscevano me. Il massimo».
Coppa America, chi vince?
«Ma la mia Argentina».
L’Europeo?
«Tifo Italia, e vorrei dire la mia Italia».
L’Inter?
«Il mio cuore».
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
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