“Oggi parte il protocollo con il plasma al Cotugno e i primi a donare gli anticorpi sono i medici napoletani che hanno lavorato con i pazienti covid, si sono infettati, sono guariti e oggi donano per vedere guarire altri contagiati”. Così Maurizio Di Mauro, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli a Napoli, che comprende il Cotugno, spiega la giornata in cui parte la plasmaferesi, terapia contro Covid-19 basata sul plasma dei guariti, che contiene gli anticorpi che permettono ad altri ammalati di rispondere subito al virus.
La terapia parte nel nuovo ambulatorio per i pazienti guariti dal covid19, in cui si seguirà il follow up dei guariti e verranno arruolati i donatori, su base volontaria, che doneranno il plasma che poi, trattato, sarà somministrato ai pazienti affetti da covid19. In questi mesi, spiega Di Mauro, “il Cotugno ha dato tutto con i suoi operatori, infermieri, medici, tecnici che hanno affrontato la pandemia. Oggi avviamo questo protocollo che ci consente di trattare soggetti Covid positivi con gli anticorpi specifici, è una terapia che speriamo possa dare un buon risultato. Oggi a donare sono i medici, abbiamo creato una rete di umanizzazione che parte dal contagio e finisce all’aiuto ad altri malati”.
Uno spazio apposito dell’ospedale Cotugno di Napoli è dedicato ai guariti dal Covid che intendono donare il proprio plasma. Con l’apertura, questa mattina, di un laboratorio dove saranno effettuati tamponi e prelievi di sangue parte ufficialmente in Campania il protocollo sperimentale ‘Tsunami’ per il trattamento delle polmoniti da Covid-19 con il plasma iperimmune. La prima fase della sperimentazione consiste nel reclutamento dei donatori, tutti volontari, che presentano un’elevata carica anticorpale.
I primi ex pazienti Covid del Cotugno, oggi guariti, a sottoporsi allo screening sono stati proprio i medici che hanno dovuto lottare contro il virus. Tra questi Stefano Lepore, ortopedico dell’ospedale Cardarelli, e Antonio Corcione, primario del reparto di anestesia dell’ospedale Monaldi. “Sono stato uno dei primi ad infettarsi e sono stato ricoverato qui per 43 giorni – ha detto Lepore -. Conosco persone che non ce l’hanno fatta. Dare un contributo mi sembrava il minimo, ho voluto restituire quello che mi e’ stato dato qui da tutto il personale del Cotugno”.
In una fase successiva lo screening coinvolgerà i cittadini di Ariano Irpino (Avellino), uno dei comuni ex zona rossa più colpiti dal coronavirus. “Le richieste di donazione sono tantissime – ha spiegato Roberto Parrella, direttore dell’unita’ operativa complessa di malattie infettive ad indirizzo respiratorio dell’ospedale Cotugno – sia da persone che hanno superato la fase critica della malattia in ospedale che da persone guarite che si trovano a casa. Non tutti potranno donare: lo screening che si svolge in questo laboratorio ci permetterà di identificare i pazienti ‘ideali’, cioè quelli che non hanno patologie concomitanti e che abbiano un livello anticorpale adeguato per poter poi somministrare plasma di guariti a soggetti che invece sono ancora infetti. Avremo a disposizione anche uno spazio d’ascolto per un primo screening telefonico e poi, dopo ulteriori accertamenti in laboratorio, potranno donare al centro trasfusionale”. La sperimentazione si avvarrà infatti della collaborazione del centro trasfusionale dell’ospedale Monaldi, diretto da Bruno Zuccarelli. “Noi ci crediamo – ha affermato Zuccarelli – perchè ci sono state esperienze positive sia in Italia che all’estero.
Ovviamente è un protocollo sperimentale ma rappresenta un’arma in più nella batteria di terapie con cui possiamo affrontare il Covid. Non è il miracolo di Lourdes, ma puo’ essere un tassello sul quale puntare”. “I lavori eseguiti fino ad oggi – ha detto Luigi Atripladi, direttore del laboratorio del Cotugno – ci dicono che questo trattamento puo’ essere di grande aiuto per i pazienti fragili. Bisogna pero’ fare uno screening ai donatori oltre alle consuete indagini di routine. Qui ci sarà la possibilità di verificare se i potenziali donatori hanno un buon livello di anticorpi e cosi’ potranno entrare nel circuito di donazione”.
Fonte: napoli.repubblica.it
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