Il contatto c’è stato. Ufficioso, come si conviene in casi del genere (tanto è vero che è stato un intermediario federale a muovere i primi passi). La Figc ha individuato in Carlo Ancelotti la figura del nuovo ct. Ma da qui all’annuncio, ne passerà di acqua sotto i ponti. Carletto aspetta a Vancouver, non deve sistemarsi a tutti i costi in questa stagione. Londra e Parigi sono le mète preferite, ma Roma (diciamo Coverciano) non verrebbe considerata un ripiego dall’ex allenatore del Bayern. Sarà probabilmente Michele Uva, dg della Figc e vice presidente Uefa, ad avviare la trattativa: i due erano insieme nel Parma di Tanzi, nel periodo d’oro, prima del disastro finanziario. E del resto la federcalcio, per bocca del vice presidente Renzo Ulivieri, ha già tracciato l’identikit del nuovo commissario tecnico: «Deve essere un allenatore che capisca ciò che si può insegnare in breve tempo. Che sappia di calcio, e ci mancherebbe. Che faccia calcio col poco tempo a disposizione. Deve avere personalità, presenza, deve saper reggere alla critica perché la figura del ct è sovraesposta da un punto di vista mediatico». Strano a dirsi, ma il futuro era già molto chiaro labnotte stessa della disfatta di San Siro.
LE CONDIZIONI – Il futuro pensato dalla federazione, non quello pensato da Ancelotti. Che, prima di accettare, ha bisogno di carta bianca, bianchissima, immacolata. Vuole la sicurezza di situazioni chiare, vuole uno staff tutto suo (magari con Paolo Maldini come assistente o team manager), vuole che non ci siano malintesi, sottintesi, storie strane. Non gli piacciono certi personaggi che hanno fatto la parte del leone in quest’ultimo periodo del calcio italiano.
Deve essere tutto chiaro. Se alla fine accetterà, dirà chiaramente che non è un ombrello, che non farà come Conte. Ci saranno condizioni pesanti, l’ingaggio sarà notevole per la Figc. Vediamo, non è affatto certo che sia lui il ct, ma un passo in quella direzione si è compiuto.
CARISMA EUROPEO – Ancelotti, come racconta la sua storia, aggiunge altre caratteristiche a quelle descritte da Ulivieri: in Europa ha vinto tutto, conosce il calcio di questo continente come pochi altri, è un pass-partout per ogni settore del calcio, la gente gli vuole bene e i giocatori (tranne un gruppetto del Bayern…) ancora di più. Quando divenne ct, Conte in Europa non aveva lo stesso charme, la stessa influenza, lo stesso carisma.
Fonte: corrieredellosport
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