Il Corriere della Sera si è soffermato sulle iniziative del Napoli per sensibilizzare sul tema razzismo: “‘O surdato s’è indignato. Da solo. L’aveva detto e l’ha fatto: assolvere Acerbi è stata una follia, e se si finge di dare un calcio al razzismo e poi non si punisce chi ti dà del negro in campo, beh, tanto vale. Ieri il Maradona ha gridato no alle discriminazioni: in uno stadio intitolato a uno che sui campi si beccava regolarmente del nano, in una città che nelle trasferte ha sempre sentito tifare forza colera. E però stavolta la protesta, meno rituale del solito, tutta Napoli se l’è fatta da sé. La società s’è rifiutata di stampare sulle maglie la scritta «keep racism out» imposta dalla Lega calcio (la quale, per inciso, potrebbe anche spiegarci che cos’è questa discriminazione della lingua italiana). I tifosi hanno accettato di sventolare messaggi che chiedevano rispetto. E prima della partita contro l’Atalanta, i giocatori si sono inginocchiati in segno di solidarietà col compagno Juan Jesus, che aveva accusato l’interista Francesco Acerbi d’averlo offeso per la pelle nera, ma non era stato creduto. Black Lives Matter, le vite nere valgono. Ieri s’è scoperto che può essere un valore anche a tasso variabile. Perché i giocatori dell’Atalanta, loro, hanno guardato imbarazzati quelli del Napoli. E non si sono inginocchiati affatto. Perché i giocatori dell’Atalanta, loro, hanno guardato imbarazzati quelli del Napoli. E non si sono inginocchiati affatto. Sono rimasti in piedi, non si sa bene se per disaccordo o per distrazione, di sicuro con cattivo gusto. Una Dea che non si prostra davanti a un Jesus, nemmeno se è Pasqua, fa risorgere antichi sospetti fra bergamaschi e napoletani: vi ricordate le curve che inneggiavano alla lava del Vesuvio e quelle che gioivano per le bare del Covid? E i più vecchi, hanno dimenticato la monetina di Alemao?”.
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