Bacconi. “Corsa e tecnica non bastano, il Napoli perde in precisione”

L’analisi tecnica di Adriano Bacconi per “Il Mattino”:

“Ci sono due modi di vedere, e quindi di interpretare, una partita. Il primo è quello di analizzare il viaggio della palla. Seguirne il percorso significa farsi affascinare dalla sua imprevedibilità, dalla velocità delle sue traiettorie, dalle abilità tecniche dei giocatori più dotati, in grado di gestirla con maestria e potenza creativa. È il carisma di Eupalla, la dea del calcio, così come la definì l’indimenticato Gianni Brera. Il più bravo da questo punto di vista nel big-match del Meazza è stato senz’altro Lorenzinho Insigne.
Ma il ping-pong della sfera non sarebbe sufficiente per spiegare il grande successo e la grande popolarità del calcio in tutto in mondo. C’è infatti una matrice su cui il cammino della palla si appoggia. Un substrato concettuale che le squadre preparano durante la settimana e che cercano di mettere in pratica quando si incontrano sul campo. Si tratta delle strategie di gioco, di atteggiamenti e motivazioni che l’allenatore trasfonde nel suo undici giorno dopo giorno. Questa lettura più profonda consente spesso di andare a capire le cause che determinano l’andamento di una gara. Come il pentagramma serve per scrivere e condividere musica, così questa matrice consente di creare calcio e poterne parlare con un codice linguistico comune. Come diceva Pasolini i cifratori di questo linguaggio sono i giocatori. Noi sugli spalti siamo i decifratori.
Penso che per capire la prestazione del Napoli al Meazza dobbiamo servirci anche del secondo livello di lettura. Soffermarci solo sul primo, infatti, non ci permetterebbe di capire perché il Napoli abbia perso nonostante abbia attaccato sin dai primi minuti con continuità, dimostrando di avere personalità, organizzazione e forza fisica. La palla si muoveva però troppo per vie interne e con una certa caoticità preferendo, la squadra parteneopea, dare priorità al ritmo piuttosto che alla precisione. Una velocità raramente efficace mancando lo spazio necessario per svilupparla, come una macchina di Formula 1 che non sprigioni la sua potenza perché costretta su un tracciato con troppe curve e nessun rettilineo.
Non è un caso che appena Il Napoli trova un corridoio diritto sfiora il gol. Al 18′ del primo tempo (già sull’1-0) Inler raddoppia sull’indemoniato Guarin cogliendo l’Inter un po’ alta. Due passaggi sull’asse Hamsik-Cavani permettono un trasferimento palla verticale e profondo. Il terminale dell’azione è Insigne che si accentra e sfiora il secondo palo con un tiro effettato. Un episodio più unico che raro. Per il resto una sterile supremazia territoriale, quella degli ospiti, impreziosita solo da qualche invenzione di Insigne. Al 28′ nasce dal suo piede, a difesa avversaria piazzata, un assist delizioso per la testa di Cavani che si mangia un gol fatto.
Nella ripresa la palla viaggerà con ancora maggior difficoltà nonostante il gol del 2-1, un po’ fortunoso e viziato da un offside di Pandev, avesse rimesso il Napoli in carreggiata. I cambi di uomini e di modulo voluti da Mazzarri insomma non cambieranno l’inerzia del match che, in contraddizione, con quanto lascerebbe supporre il possesso di palla e il computo dei tiri, rimarrà saldamente nelle mani dell’Inter.
Perché il Napoli al di là di alcuni sporadici episodi non è riuscito a riprende in mano la partita?
Per capirlo dobbiamo passare al secondo livello di lettura della gara. Stramaccioni, con un collettivo meno collaudato e forse complessivamente anche meno dotato dell’avversario, decide di non giocarsi la partita alla pari ma di lasciare il pallino in mano al Napoli dedicandosi prevalentemente alla copertura della porta. Una strategia vincente: soffocare il Napoli togliendogli spazio. Per questo in fase di non possesso si vede un 3-5-2 molto raccolto. Il capolavoro tattico è completato da almeno altri due accorgimenti che faranno la differenza. La posizione in campo di Guarin e la preparazione astuta del calcio d’angolo che sblocca il risultato.
Il colombiano in fase difensiva rientra al fianco di Zanetti permettendo al capitano nerazzurro di dedicarsi quasi esclusivamente alla marcatura di Hamsik. Invece nelle ripartenze, grazie alla sua corsa potente, si alza nella posizione di trequartista come in occasione del 2-0, quando è bravo anche nella rifinitura per Milito. Guarin quindi «man of the match» anche per aver avuto il merito di chiudere con un piatto al volo uno schema perfetto e spettacolare. Episodio che sblocca il risultato indirizzando la gara sul terreno preferito dall’Inter. La matrice strategia insomma questa volta vince sui valori tecnici, sulla corsa e forse anche su Eupalla”.

La Redazione

P.S.

Vesux

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