La battaglia sulla ripartizione dei diritti tv continua. Interminabile e senza esclusione di colpi. I legali delle cinque grandi (Juve, Milan, Inter, Roma e Napoli) hanno presentato ieri all´Alta Corte di Giustizia presso il Coni un´integrazione al ricorso contro la delibera dell´assemblea di Lega (15 aprile) che affidava a tre istituti demoscopici (uno si è perso per strada, la delibera vale ancora?) l´individuazione di nuovi bacini di utenza, attraverso la determinazione del numero di «sostenitori» (legge Melandri). Così è stato chiesto di inibire qualsiasi atto esecutivo di quella delibera, votata mercoledì anche dal Consiglio di Lega, con il voto decisivo del presidente Maurizio Beretta (6-5). Fin qui l´Alta Corte aveva imposto la sospensiva della sentenza della Corte di giustizia della Figc, che aveva dato ragione alle 15 medio piccole, in attesa delle motivazioni della medesima Corte federale, che sono state depositate ieri. In gioco ci sono non soltanto 200 milioni di euro, tanti in epoca di fair-play finanziario, ma anche la governabilità della Lega, ormai ingestibile, con le cinque grandi che detengono il 75%dei ricavi della serie A e i 15 club medio-piccoli che, guidati dal presidente della Lazio, Lotito, hanno conquistato la maggioranza e si comportano di conseguenza. Ieri Adriano Galliani ha fornito altri chiarimenti: «Credo che sarà difficile trovare un accordo. Il problema è molto semplice: queste 15 squadre, con molti meno tifosi delle altre cinque, vogliono inserire il dato dell´auditel fra i criteri per la definizione del bacino d´utenza e questa è una follia, perché l´ascolto tv non ha nulla a che vedere con il numero dei tifosi. Esempio: pensare che se sono due milioni a vedere in tv Milan-Chievo, un milione sia tifoso del Milan e un milione del Chievo è inaccettabile. E sono convinto che alla fine un giudice che ci darà ragione lo troveremo» . Ieri è intervenuto anche il presidente della Figc, Abete: «È un momento di grande tensione e nervosismo, ognuno svolge il suo ruolo e quello del presidente federale è provare a fare da pompiere. Al di là di questo momento di fibrillazione e al di là di chi vincerà ricorsi e controricorsi, occorre individuare un percorso condiviso all´interno della Lega di A» . Eppure, mai come in questo momento, le società di serie A si sono ritrovate in guerra con il resto del mondo sportivo. Un esempio: mercoledì, il Consiglio di Lega aveva provveduto a sorteggiare chi fra Roma e Lazio avrebbe dovuto occuparsi dell´organizzazione della finale di Coppa Italia nel caso in cui si fosse qualificata l´Inter e non la Roma. Dall´urna è uscito il nome della Lazio e ieri mattina, il Coni ha fatto sapere che, nel caso in cui fosse stata confermata questa scelta, la finale di Coppa Italia non si sarebbe giocata all´Olimpico di Roma, ma nello stadio di un´altra città, perché il Coni non intende avere a che fare con una società che non paga quanto dovuto. Così toccherà alla Roma collaborare con la Lega nell´organizzazione della finale, per la quale resta incerta la presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La vicenda dei diritti tv è il segnale definitivo che, così com´è organizzata ora, la Lega di serie A è ormai ingovernabile. Negli ultimi due anni, sotto la presidenza di Maurizio Beretta, manager di solida preparazione, tanto che ora lavora per Unicredit, in attesa di trovare un successore, l´unica operazione che è stata conclusa è stata la separazione dalla B (1 ° luglio 2010), un autogol delle grandi che ora rischiano di ritrovarsi sempre in minoranza. La legge sugli stadi è ferma e chissà se verrà mai approvata; l´accordo collettivo con il Sindacato calciatori, dopoché un´intesa di massima a dicembre, non è stato ancora firmato; la questione dei bacini d´utenza sulla quale si litiga da tre anni resta irrisolta; i rappresentanti dei club di A (Cellino e Lotito) non partecipano al Consiglio federale da luglio 2010 e stanno per essere considerati decaduti; mai come in questo momento appare realistica l´ipotesi di un´uscita dalla Lega da parte delle cinque grandi, come indicato da Andrea Agnelli. Domanda: ma che calcio è questo?
Fonte: Corriere della Sera
La Redazione
S.D.
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