Tornerà al San Paolo per Ciro. «Da quando ho ceduto la società, non ho più visto una partita del Napoli allo stadio. Lo farò appena riprenderà il campionato,da semplice tifoso, dedicando un pensiero a quel ragazzo che sento come un figlio». Corrado Ferlaino, il presidente dei due scudetti e della Coppa Uefa, l’ingegnere che trent’anni fa acquistò Maradona,è uscito dal Napoli dodici anni fa, facendo a se stesso una solenne promessa:mai più a Fuorigrotta.
Perché tornerà allo stadio? «Sento di farlo,da tifoso tra i tifosi, com’era Ciro. Tutti noi che amiamo Napoli e il Napoli ci stringiamo alla famiglia Esposito,così grande nella sopportazione del dolore.E ci facciamo domande,tante domande».
Quali, Ferlaino? «Perché negli anni la Federcalcio non ha preso concreti provvedimenti contro i violenti?Perché quel 3 maggio le forze dell’ordine hanno consentito che un pullman di tifosi del Napoli, senza alcuna protezione, facesse un inusuale percorso per raggiungere l’Olimpico?Perché ultrà della Roma sapevano che la carovana sarebbe passata proprio là?E perché nonfare prevenzione?Si sarebbe magari trovata quell’arma.Quando io ero dirigente del Napoli accadeva altro».
Cosa? «Non tutti i gruppi organizzati sono violenti, anzi.Conosco tanti di questi ragazzi che si sacrificano per partecipare a una trasferta e hanno un leale amore verso il calcio.Ma quando io ero presidente,e percepivamo aria di tensione prima di una partita,mi recavo dal questore di Napoli e gli chiedevo di intervenire.Gli agenti perquisivano i covi di alcuni gruppi, svolgendo un’accurata opera di prevenzione e la domenica non accadeva mai nulla».
Il calcio è uscito sconfitto da questa storia? «Certamente:quella del 3 maggio è stata la pagina più nera.Va bene un inasprimento legislativo, in effetti gli inglesi così hanno risolto molti problemi,ma non basta. Ci vuole una risposta forte da parte delle istituzioni calcistiche e invece negli anni ho visto tanta gente che ha parlato del problema della violenza,ma non lo ha affrontato. Nella vita non puoi sapere se si trova una soluzione, tuttavia bisogna cercarla. Il calcio è sport,non può essere morte».
Il prefetto della Capitale,Pecoraro,propone una partita della pace tra Roma e Napoli. «Va bene per onorare la memoria di Ciro.Ma dopo?La soluzione non è il blocco delle trasferte,provvedimento che non potrebbe essere eterno. Bisogna porsi domande e cercare risposte permettere a fuoco la situazione:ad esempio,perché non era accaduto nulla in occasione delle quattro partite giocate dal Napoli a Roma tra campionato e Coppa Italia? Perché tutto quella sera?».
La sua risposta qual è? «Io sono un osservatore,un tifoso addolorato per la morte di Ciro, e non più un dirigente.Ma noto che il sistema calcistico è molto debole, inadeguato:la fine di questo ragazzo è l’aspetto più drammatico,sullo sfondo c’è la crisi che ha portato all’eliminazione della Nazionale dai Mondiali e ancor prima all’impoverimento del nostro campionato».
In questi giorni ai napoletani non sono arrivati soltanto messaggi di solidarietà: ci sono state offese a Ciro e ai tifosi azzurri sui social network «È questo odio che mi preoccupa,così come mi avvilì, il giorno dopo l’agguato, il fatto che i genitori di Ciro avevano scoperto che il loro ragazzo, in gravissime condizioni,era piantonato in ospedale:avrebbe mai potuto fuggire?Assurdo, squallido, penoso:quale aggettivo potremmo mai usare per una cosa simile?E che dire di quei processi mediatici al capo ultrà Genny che fecero passare in secondo piano la sparatoria a Tor di Quinto?».
Fonte: Il Mattino
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