Non ci sono più malati di Sars Cov-2 nella rianimazione del Cotugno: nel reparto trincea, assurto alla ribalta internazionale nei giorni del picco epidemico, quello che ha tenuto testa a una malattia sconosciuta e dai mille volti, qui, nel luogo dove medici e infermieri indossavano tute da astronauta mai viste prima, in questo polo campano per le malattie infettive emblema della guerra ingaggiata contro il micidale Sars Cov 2, la battaglia sembra volgere al termine. Anche nelle corsie, quasi 200 posti per sette divisioni, un mese fa tutte occupate da malati in gravi condizioni, restano una ventina di pazienti che stanno tutti bene, in via di guarigione e senza manifestazioni cliniche drammatiche come il Coronavirus ci aveva purtroppo abituati. «La malattia sembra avere cambiato il suo volto – conferma Fiorentino Fragranza, primario della Rianimazione – resta oggi circoscritta a pochi casi e di questi nessuno con complicanze broncopolmonari prima manifestazione di una grave malattia sistemica né il quadro tromboembolico che avevamo imparato a riconoscere e che evolveva repentinamente in una insufficienza multiorgano sembra più affacciarsi al letto dei pazienti. Ovviamente proprio perché sconosciuto e imprevedibile questo virus va ancora temuto».
Anche i nuovi contagi che si registrano in Campania sono tutti asintomatici. La percezione di medici e ricercatori è che il virus per una qualche ragione ancora oscura si sia spento. C’è chi indica le modifiche del clima ma in altre parti del mondo le cose vanno in direzione opposta. C’è chi invece richiama il distanziamento sociale come strada maestra che conduce al disinnesco del virus ma anche qui nessuno è in grado di portare prove e studi che confermino tali ipotesi. «Il virus muta, come tutti i coronavirus conosciuti – conferma Maria Triassi – epidemiologa dell’Università Federico II – le infezioni respiratorie hanno sempre questo andamento ciclico. Nessuno ha ancora provato che vi siano in circolazione ceppi di microbi dalla capacità infettiva più blanda e benigna ma bisogna basarsi sui fatti e sulle esperienze passate». Quel che è certo è che il mese scorso in Campania, ma anche in altre regioni, si vedevano casi che evolvano in maniera drammatica che hanno provocato nel nostro paese oltre 30 mila morti. I decessi di oggi? Sono soprattutto, secondo gli studiosi l’esito finale dell’ondata iniziale mentre i nuovi positivi manifestano pochi sintomi e quasi mai uno sviluppo sistemico della malattia. Gli scettici, riguardo all’ipotesi del virus mutato, puntano invece il dito sul miglioramento delle cure, sul diverso approccio a una malattia considerata una polmonite virale e oggi inquadrata e trattata subito con anticoagulanti e antinfiammatori specifici somministrati nei tempi giusti. In realtà nessuno è ancora in grado di dire se sia questo ad aver cambiato lo scenario o c’è dell’altro. «Sono prudente a dirlo ma forse effettivamente il virus è cambiato» sottolinea Rodolfo Punzi, direttore del dipartimento di emergenze infettivologiche del Cotugno. L’impressione è che tutti i nuovi casi anche senza trattamenti specifici restino poco sintomatici e nella peggiore delle ipotesi con sintomi influenzali senza andare verso la brutta china di alcune settimane fa».
Intanto continua in Italia la cosa ai tamponi: «Ieri ne sono stati fatti moltissimi (quasi il record giornaliero dall’inizio dell’epidemia) – spiega Nicola Fusco, ordinario di Matematica e statistica della Federico II – trovando il 12% di contagi più del giorno prima, 992 contro 888. È il terzo giorno di aumento dei casi e infatti l’indice R0 sale a 0,72 e i decessi sono ancora tanti, 262, quasi 70 in più di mercoledì ma anche molti guariti, più di 2.700 segnando 38 malati in terapia intensive in meno e oltre 700 posti liberati in Italia. Ottimi numeri che fanno scendere a 855 le terapie intensive ancora occupate contro il massimo di 4.038 raggiunto il 4 aprile e a 11.453 ricoveri contro il massimo di 29.010. La mortalità di quelli che sono finiti in terapia intensiva è stata di circa il 34% e a un certo punto con le nuove cure è scesa di di una decina di punti». La strategia è monitorare il virus a livello regionale per poi intervenire tempestivamente dove risale sopra 1. In Campania pochi nuovi casi, 0 morti e quasi 100 guariti al giorno e l’indice di infettività che che scende a 0,76. La scelta è coinvolgere i medici di medicina generale, pediatri e farmacie per le cure nella fase 2 e 3. Ieri in una web conference promossa da Motore Sanità, Biomedia e Ipsen, Enrico Coscioni consigliere per la Sanità del governatore De Luca ha sottolineato di voler puntare sulla medicina del territorio: «Dobbiamo fare tesoro dell’esperienza appena fatta nella fase acuta, la Campania ha dato risposte positive sul fronte ospedaliero e ora serve una medicina territoriale più forte e integrata». In pista c’è un nuovo protocollo per le cure a domicilio per i pazienti Covid che integra medici, specialisti e Usca attraverso una piattaforma informatizzata regionale.
Fonte: ilmattino.it
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