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Coronavirus, così cambiano le cure: «Stop rianimazioni, basta intubati»

Lo riporta il Mattino

La fase 2 della guerra contro Covid-19 – che accompagna l’allentamento delle restrizioni sociali e il progressivo recupero del sistema economico – va di pari passo con il calo dei nuovi contagi, l’allestimento di una rete sanitaria di monitoraggio adeguata e la consapevolezza, di medici e clinici, che la gestione dell’assistenza dovrà sempre più impegnare il versante territoriale delle cure. Assistenza domiciliare, quarantene, isolamenti in strutture alberghiere, terapie precoci, monitoraggi a distanza, finora trascurati, dovranno assorbire il massimo sforzo organizzativo. In questa direzione va l’investimento, per circa 500mila euro, appena deliberato dalla Asl Napoli 1, per la fornitura di 100 kit di monitoraggio a distanza dei parametri vitali dei pazienti in isolamento Covid (tra server, sistemi di supporto, apparecchi simili a un telefonino, fasce monouso e canone di servizio (75mila euro il primo anno e 85mila il secondo). La gestione sarà in carico ai distretti. Intanto muove i primi passi anche il percorso diagnostico terapeutico Covid messo a punto dai medici di famiglia. Le unità delle Usca hanno smaltito gli arretrati dei tamponi e ora si atterranno alle indicazioni dei medici. Martedì ci sarà la prima simulazione dell’uso della piattaforma regionale Sinfonia. Prenotazione dei tamponi e risultati da notificare ai pazienti saranno nel paniere di un’offerta assistenziale che si articola nei consulti telefonici, videoconsulti, accessi domiciliari, in aggiunta alla dematerializzazione delle ricette e alla distribuzione di kit ospedalieri, di mascherine, gel igienizzanti e farmaci.

Ragionare in termini di posti letto intensivi e di rianimazioni per fronteggiare Covid-19 non ha più senso. Non solo perché c’è una maggiore disponibilità di posti ma soprattutto perché dal punto di vista clinico il ricorso all’intubazione dei pazienti non si è rivelato la soluzione migliore per ridurre la mortalità e ottenere maggiori guarigioni. La Campania è riuscita a superare indenne l’ondata di piena dei malati di inizio aprile soprattutto grazie al provvidenziale ruolo svolto dal Cotugno. Il polo infettivologico, nell’arco di dieci giorni, è riuscito a svuotare tutti i reparti e a convertirsi in Covid center attivando altri 100 posti del nuovo plesso dotato di stanze singole a pressione negativa in degenza ordinaria e sub intensiva, puntando su ventilazioni non invasive. Un modello vincente, assurto ad eccellenza internazionale preso a esempio da altre strutture Covid campane. Le terapie intensive, così come finora impostate, sono solo sintomatiche nella cura di Sars Cov2 per cui si continua a volare alto e si lavora a un nuovo assetto che prevede un dipartimento Covid di 50-60 posti letto comprensivi di 20 posti di rianimazione e sub intensiva con personale addestrato e aggiornato pronto a qualunque emergenza ma in un ospedale a vocazione infettivologica con altri 250 posti che possano intervenire a supporto dei primi di multispecialità. Dalla Chirurgia alla Cardiologia, dalla Traumatologia alla interventistica per ictus e infarti, dalla Oncologia alla Internistica, compresi moduli (già esistenti al Cotugno) per la Dermatologia, la Odontoiatria, l’Otorino in cui trattare i pazienti Covid che in altri ospedali non avrebbero accesso e cure. Se aggiungiamo a tutto questo un laboratorio specializzato (che già c’è) ma vocato alla ricerca ecco che il Cotugno avrebbe tutte le carte in regola per trasformarsi in un Irccs come lo Spallanzani di Roma o il Pascale (per i tumori).

Sulla base di queste premesse l’ospedale da campo, da 72 posti, in allestimento a Napoli est, non sarà un Covid center di sole rianimazioni. Dal prossimo martedì saranno configurati i primi moduli singoli a pressione negativa. Non solo respiratori automatici e terapie intensive ma anche maschere a ventilazione non invasiva e soprattutto degenze multispecialistiche. Cosa significa? Vuol dire che qui saranno date risposte assistenziali diversificate, dalla cardiologia all’interventistica, dall’oncologia alla traumatologia. Dotato di una camera calda e di un pronto soccorso dedicato avrà a regime 12 posti di rianimazione, 12 di subintensiva, 6 di cardiologia, altrettanti di dialisi, 12 di onco-ematologia e infine 12+12 di degenza Covid generica. Già montata una Tac, è ora in fase di allestimento una sala di emodinamica. Si parte da moduli di 6 posti fino ad arrivare a 36. Gli altri saranno allestiti secondo necessità. Lo scoglio? La mancanza di personale: per gli infermieri saranno utilizzate temporaneamente 34 unità precarie (da stabilizzare con le leggi vigenti) altre 54 (a tempo definito) provengono da un avviso del Moscati sulla cui scia ci sono altri 37 operatori socio-sanitari. Restano le incognite dei fabbisogni di tecnici di radiologia e di altre figure e soprattutto specialisti di area medica e dell’urgenza, di cui la Asl è già carente. Si ipotizzano turni a rotazione dall’Ospedale del mare. Ma la partita è aperta e si aspetta che il manager convochi i sindacati della dirigenza medica visti i malumori che già serpeggiano in ospedali, come il San Paolo, che hanno fatto funzionare le tende, ben gestito la fase dell’emergenza ma ora sono penalizzati dalla sottrazione di unità infermieristiche dirottate a Napoli est.

Fonte: ilmattino.it

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