La nostra è una battaglia di civiltà e non ci fermeremo mai, faremo notare sempre i cori razzisti contro la città di Napoli ed il popolo partenopeo. L’anno scorso apostrofammo in maniera dura lo striscione “Napoli fogna d’Italia” (clicca qui per leggere l’articolo e vedere la foto) esposto dalla curva Sud occupata dai tifosi rossoneri in Milan-Napoli 3-0. Per noi tra la comunicazione scritta e quella orale cambia poco, i messaggi d’odio sono da stigmatizzare e punire sia se vengano compiuti tramite uno striscione che attraverso un coro. Del resto questi due sono gli strumenti più utilizzati dalle tifoserie per ribadire i propri concetti. A quanto pare, però, per il giudice sportivo Tosel la differenza tra le parole e lo scritto esiste ed è anche importante.
Il 6 Ottobre 2007 si gioca Inter-Napoli, per gli azzurri si tratta del ritorno nella “Scala del Calcio” dopo gli anni di B ed A. La Curva Nord accoglie i napoletani con espressioni come “Partenopei tubercolosi”, “Napoli fogna d’Italia” e “Ciao colerosi”. Il giudice sportivo Tosel squalifica il secondo anello della Curva Nord, dove furono esposti questi striscioni, come se il problema fosse il settore e non i protagonisti dell’accaduto. Tosel rimase colpito dall’accaduto tanto da accorgersi anche dei cori. Il comunicato, infatti, recitava così: Il Giudice Sportivo ha infatti rilevato che, nel corso del primo tempo della gara, un gruppo di sostenitori nerazzurri “raggruppati nel secondo anello della curva nord hanno esposto, in tre successive circostanze, per qualche minuto, striscioni di notevoli dimensioni (metri 5 per 1,5 circa), recanti scritte insultanti per i tifosi avversari e, soprattutto, per la città di loro provenienza”. Il Giudice ha inoltre “rilevato che, nel corso del secondo tempo, nel medesimo settore dello stadio, venivano intonati reiteratamente cori di analogo tenore spregiativo”, ritenendo che “tali comportamenti costituiscono espressione di denigrazione per motivi attinenti all’origine territoriale” e considerando “la riferibilità in via esclusiva di tali comportamenti discriminatori ad un circoscritto e delimitato settore dello stadio”.
Sabato scorso, durante Inter-Napoli 0-3, non abbiamo dovuto leggere nessuno striscione offensivo, ma abbiamo assistito ad un repertorio più aggiornato di beceri cori razzisti: “San Gennaro sieropositivo”, “Vesuvio, bruciali tutti”, “Benvenuti in Italia”, “Ci vuole il passaporto”, “Sarà perché sono zingari, sarà perché son colerosi, sarà perché non si lavano, senti come puzza Napoli” (clicca qui per vedere il video). Quanto è sciocca l’espressione per cui il calcio è una realtà a sé, che legittima questi cori inquadrandoli come sfottò. Esso costituisce la principale passione degli italiani, rappresenta una delle più importanti attività economiche del Paese, uno degli strumenti con cui si formano le identità. Le curve sono i luoghi in cui tanti ragazzi si aggregano e in cui si fa socializzazione, esprimendo idee ed assimilando valori. I vari pesi e le varie misure applicate da Tosel, a seconda della latitudine geografica in cui avvengono le situazioni, sono note a tutti, tanto che il 28 Febbraio scorso il “Napoli fogna d’Italia” non costò ai milanisti nessuna punizione. Noi non abbiamo la memoria corta e ricordiamo, invece, la severità di alcune scelte contro il Napoli, come nella stagione 2007-08 la partita Napoli-Genoa a porte chiuse per un contenitore vuoto di yogurt che avrebbe colpito un guardalinee, o le curve squalificate per tre giornate per le presunte violenze del 31 Agosto 2008 durante il viaggio in treno verso Roma, molto ridimensionate poi dalle successive inchieste.
Le decisioni del giudice sportivo cambiano in base anche al risalto mediatico attribuito agli eventi; hanno delle responsabilità, infatti, anche i media se determinate imprecazioni contro i napoletani sono state assimilate come una prassi, un’abitudine inevitabile. Dopo Inter-Napoli di sabato scorso Tosel ha pensato di multare la società di Via Durini per bengala e fumogeni. Ecco quanto scritto nel comunicato:
“Ammenda di € 8.000,00 : alla Soc. INTERNAZIONALE per avere suoi sostenitori, nel corso della gara, acceso nel proprio settore numerosi bengala e fumogeni; entità della sanzione attenuata ex art. 13 comma 1 lettere b) ed e) e comma 2 CGS per avere la Società concretamente operato con le forze dell’ordine a fini preventivi e di vigilanza”.
L’odio che si riscontra nelle espressioni usate dalla Curva Nord può essere il substrato culturale su cui prendono piede le più becere tentazioni razziste anche al di fuori degli stadi.
Il mondo del pallone ha la responsabilità sociale di far capire con fermezza l’idiozia di determinati comportamenti; non bastano le comunicazioni degli speaker o le giornate contro il razzismo, se si trattano con superficialità i cori che i napoletani devono ascoltare in molti impianti sportivi del Nord. Ci rendiamo conto che la responsabilità oggettiva, come sostiene il presidente De Laurentiis, è un criterio antiquato e rigido. Ci sono, invece, le telecamere di video-sorveglianza negli stadi; si individuino gli organizzatori di questi cori e si puniscano.
In Francia, Germania, Spagna, Inghilterra, Olanda, non ci sono fenomeni di questo genere perché ai primi campanelli d’allarme s’interviene con decisione e le condizioni socio-geografiche non sono così differenti. Penso alle rivendicazioni autonomistiche di baschi e catalani o la contrapposizione tra Est ed Ovest in Germania risalente ai tempi del Muro di Berlino.
Qualcuno potrebbe obiettare ricordandomi che in Italia è al Governo un partito politico, la Lega Nord, che oscilla tra il federalismo, la secessione, l’autonomia lombardo-veneta, che nel 2008 riempì Milano di manifesti in occasione di Milan-Napoli con un’espressione sintetica che recitava “Rifiutiamoli”. Non dimenticherò mai gli esponenti della Lega che distribuivano i sacchetti in prossimità del settore ospiti. Forse chi obietta ha ragione, mi illudo di vivere in un Paese “normale”.
Il calcio e l’emergenza rifiuti, il pallone, la politica, la società; niente si può isolare dai contesti. Lo sanno bene i napoletani che vivono al Nord, per cui vincere a Milano o a Torino vale molto di più di tre punti.
A cura di Ciro Troise
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