All’inconsueto appuntamento del lunedì sera il Bologna non si fa trovare in casa. Riappare nell’ultima mezz’ora, quando il Napoli è un po’ affaticato ma con la vittoria ormai in tasca, quando Mihajlovic troppo tardi comincia a lavorare sulla tattica, quando finalmente si rivede Osimhen in campo con una maschera che non placa certo la sua ansia di attaccare la profondità, quello che al Napoli è mancato, ma che il più temerario attaccante del campionato italiano sembra pronto a restituire. Bentornato Victor, il Napoli ha saputo aspettarlo dalla serataccia del 21 novembre con l’Inter, non facili questi 55 giorni, ma anche in questa partita. L’ha inserito quando i conti erano chiusi con la squilibrata squadra guastatori del comandante Mihajlovic, uno che non cambia mai. Attaccare per attaccare, non sempre per far punti.
Per oltre un’ora il Bologna lascia al Napoli prime palle, dominio del gioco e possesso, addirittura 71% nel primo tempo. Consente che un triangolo sia la inattaccata rampa di lancio. Lobotka e Fabiàn Ruiz sono la base, vertice alto Zielinski appena in treno da Afragola con il certificato sanitario timbrato fresco e una limitata autonomia. Che il Bologna fosse assente e non scarso, lo dimostra la reazione purtroppo tardiva, quando Svamberg (palo pieno nel finale), De Silvestri , il capellone belga Theate e gli inseriti Skov Olsen, Vignato e Falcinelli riaprono la partita. Troppo tardi per il Bologna, lenta è anche la reazione del Napoli che attende molto per non rischiare sul rilancio in campionato di Osimhen, ma che tollera troppo la flessione di Mertens al centro e di Elmas che era diventato un varco libero per De Silvestri e Soumaoro.
In attesa di Osimhen decidono i pentiti del pessimo giovedì di Coppa Italia. I due espulsi dopo essere entrati per scuote un Napoli compassato e subalterno alla Fiorentina. Proprio Lozano, preferito a Politano, schioda la partita dopo una ventina di minuti. Gira un assist di Elmas che nel primo tempo tiene sulla sinistra Adam Soumaoro prigioniero, con De Silvestre esterno destro della mediana a 5 del Bologna. Tra De Silvestri e il macchinoso francese di colore si crea all’inizio uno spazio fatale: si infila Elmas con grazia maligna. In sintonia con un vivacissimo e creativo Zielinski e Fabian Ruiz. Proprio il declino dei tre risveglia il Bologna. L’inserimento di Demme fa discreto argine, Demme si distingue anche per una bella proposta offensiva, ma nell’ultima parte occorre un intervento muscolare per chiudere la partita. Quindi: Petagna accanto a Osimhen al posto di Elmas, Ghoulam si aggancia in un convoglio verticale a Mario Rui per chiudere finalmente la corsia a De Silvestri e Soumaoro, i due che dopo un avvio di estremo disagio avevano ribaltato i rapporti di forza tra Bologna e Napoli.
A due punti dal Milan, con 4 di vantaggio su Atalanta e Juve, con il ritorno di Osimhen ricomincia la corsa Champion. Il Napoli sembra ben lanciato. Sembra. È tutto più azzurro e chiaro se guarisce da quel male oscuro con il nome provvisorio di discontinuità. Spalletti ha tutto il tempo per studiarne le cause. Ed eliminarle.
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Dedicato a Spalletti.
Nella trasmissione “Terzo Tempo; nel mio ruolo di ospite dopo la partita, ho dato un giudizio severo su Spalletti. Su un passaggio della sua conferenza. Lo rileggo. Spalletti risponde alla domanda su Osimhen: “Ha fatto vedere quelle che sono le sue qualità, a parte che è scivolato troppe volte. Era fondamentale fargli riprendere confidenza con il campo, avergli fatto fare questi venti minuti. Così come è importante riavere Fabiàn, per arrivare nelle prime quattro servono calciatori forti. Di spessore fisico e anche mentale, da reggere l’urto quando si va in contrasto con partite che poi si possono perdere”.
Giusto elogiare Fabiàn Ruiz al rientro. Corretto sostenere che occorrano giocatori di fisicità per vincere. Ma non è condivisibile dimenticare gli altri centrocampisti. Anguissa, Lobotka accostato dallo stesso Spalletti a Jorginho, Demme decoroso anche stavolta sono giocatori che hanno dato molto. Perché considerare solo Fabiàn il prototipo del calciatore per vincere?
Spalletti nella sua dichiarazione parla di “prime quattro posizioni” come obiettivo. Mi sembra una previsione di assoluta prudenza. Si potrebbe osservare: “Se al Napoli deve lottare per un così difficile quarto posto, che cosa è cambiato da un anno all’altro? L’ha sfiorato anche Gattuso e fallito per un soffio in quella partita con il Verona del 23 maggio. Prima che riaprire un capitolo così delicato, meglio tirar su il morale di Spalletti. Ha un Napoli più forte del quarto posto, ed è anche merito suo. Ne sarà convinto. Ma provi anche a dirlo. Il pessimismo ha sempre orizzonti corti.
Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica
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